Nella parola è contenuta la risposta: interregionale è quel territorio, comune a regioni amministrative differenti, per il quale vige la medesima regolamentazione.
La Libertà, l’Amore e il Vino (declinati in ordine di importanza) non hanno confini; non si fanno ingabbiare da dogane; non tracciano frontiere.
INTERVISTA A ROBERTA CAPITELLO DOCENTE PRESSO L’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA
INTERVISTA A EMANUELE RASO GEOLOGO DEL PARCO NAZIONALE DELLE CINQUE TERRE
Quando si parla di agricoltura e di paesaggi di montagna non si può tralasciare una delle aree più emblematiche in Italia: la Valtellina. La Fondazione Provinea, braccio operativo del Consorzio di tutela dei vini di Valtellina per la salvaguardia del patrimonio terrazzato vitato, è nata nel 2003. Ce ne parla Cristina Scarpellini, viticultrice e Presidente della Fondazione.
Nell’immaginario comune la viticoltura eroica si associa a impervi pendii di montagna, a terrazzamenti a picco su laghi incastonati tra le Alpi, alle anguste pergole sulle topie, a delle vere e proprie Rupi del vino o alle impraticabili Rive.
Lo scorso 30 giugno è stato firmato il Decreto di espressione interministeriale (Mipaaf. Mibact e Mattm), che rende attuativo il riconoscimento dei vigneti eroici e storici come patrimonio culturale.
La viticoltura di montagna è sempre più sotto i riflettori. Ed è, oggi, sinonimo di qualità e di vitigni autoctoni. Quale futuro può avere? Ne parliamo con Diego Tomasi, Presidente del Comitato scientifico del Cervim.
Eroismo: il primo concetto che si elabora, pensando al vino della montagna. Il garante degli interessi della Viticoltura di montagna e in forte pendenza è il Cervim (Centro di Ricerca, Studi e Valorizzazione per la Viticoltura Montana), un organismo internazionale con sede in Val d’Aosta, nato nel 1987, al quale aderiscono organismi regionali nazionali ed esteri.
Storicamente, questa particolare opera di antropizzazione, con presenza di attività di viticoltura nei posti più inaccessibili e inospitali, si accompagna alla necessità di conservare e tramandare un patrimonio di tradizioni, di saggezza, di pratiche colturali, unitamente all’esigenza di salvaguardia del suolo e dei vitigni storici del luogo, i cosiddetti “autoctoni”.