Marzio Berrugi
La salatura, fin dai tempi antichi, ha dato al merluzzo lunga conservabilità, lo ha posto alla base dell’alimentazione prima delle popolazioni costiere del Nord Europa e poi, con lo svilupparsi dei commerci marittimi e terrestri, dell’intero continente e delle terre che venivano via via scoperte. C’è un documento del XIII secolo che ricorda ai marinai che per fare buoni affari è bene trasportare baccalà all’andata e riempire la stiva di vino di Porto al ritorno. Si sposa magnificamente con bianchi e rosati di gran spessore mentre richiede cautela quando il tipo di preparazione porta a pensare ai rossi. Il modo di conservazione, il sale, lascia sempre percettibili sensazioni amaricanti che unite al tannino finiscono per generare finali di bocca duri ed amari.
Immancabile la preparazione con il pomodoro, previa infarinatura e doratura.
Certo, in Portogallo è un’altra cosa, ma non tanto per il numero di ricette che lo vedono protagonista, quanto per l’incredibile offerta di tipi di baccalà, di provenienza, di salatura, di spessore delle polpe. Meraviglioso quello proveniente dai banchi di pesca di Terranova spesso 5/6 centimetri, poco salato, perfetto, dopo veloce bagnatura, per la griglia insieme a patate e melanzane estratte fumanti dalla carta stagnola nella quale hanno cotto. Cesanese del Piglio rosato, ma anche un Frascati superiore alla giusta temperatura esalteranno il piatto. Infine, sempre ben dissalato, tagliato a cubetti di due o tre centimetri infarinato e fritto e poi ricoperto di olio caldo e ricca spolverata d’aglio e prezzemolo. Aprite una DOC Trebbiano Spoletino od un Colli del Limbara IGT, ma con tanto Vermentino nel blend.