Marzio Berrugi
Il Vermentino è giunto abbastanza recentemente, seconda metà dell’800, sull’isola sarda e non fa parte di quel pacchetto di vitigni, come Cannonau, Nuragus, che recenti studi hanno decretato autoctoni locali ribaltando vecchi convincimenti che facevano dell’isola approdo di vitigni, ora provenienti da est, Caucaso e dintorni, ora provenienti da ovest, penisola iberica. Forse è giunto sull’isola dalle coste liguri o provenzali acclimatandosi da subito nella parte nordorientale, la Gallura, e da qui espandendosi abbastanza velocemente nel resto della Sardegna: la grande diversità dei suoli dell’isola ha originato poi risultati finali molto diversi tra loro. Il più famoso, che si fregia dell’unica Docg sarda è il Vermentino di Gallura che sfrutta terreni con marcato disfacimento granitico che caratterizzano la zona, arricchendosi, troppo talvolta, di sapidità, mineralità e nella fascia costiera, vigneti vista mare, di decisa salinità che può minare l’equilibrio del vino.
Questa fascia che contiene anche la Costa Smeralda mette sul mercato vini sapidi, densi di estratto con acidità spesso al minimo sindacale che fatica a pulire e rinfrescare la bocca. Nel contesto gallurese sono ritenuti migliori i pianori più interni come intorno a Monti od Aggius, nella provincia di Olbia-Tempio, dove l’impasto del terreno formatosi sotto copertura boscosa risulta più differenziato e più ricco di potassio, essenziale per il colore, il profumo ed anche l’alcol. La nascita recente della dizione Superiore – gradazione minima all’ingresso 13°C, 90q/ha di resa e Vermentino in purezza – regolarizza questa ricchezza di alcol: anche la progressiva scomparsa dell’allevamento ad alberello, a favore del guyot e derivati, testimonia questa costante ricerca volta a contenere la frazione alcolica che il clima secco e temperato e il progressivo aumento delle temperature favoriscono.