VITOVSKA, UN VITIGNO AUTOCTONO POCO DIFFUSO

Marco Barbetti

 

“Il mio Carso è duro e buono. Ogni suo filo d’erba ha spaccato la roccia per spuntare, ogni suo fiore ha bevuto l’arsura per aprirsi”. Così lo scrittore Scipio Slataper, circa un secolo fa, descriveva il Carso, un’affascinante terra di confine, che si estende tra il Friuli, la Slovenia e la Croazia. Crocevia di popoli e cultura mitteleuropea, dove ancora si respira la storia scritta da persone valorose e caparbie. Un territorio difficile, quasi ostico, a metà strada tra le Alpi e il mare, con una vegetazione aspra ma vigorosa, dove si alternano inverni freddi ad estati torride e dove spesso soffia un forte vento, la bora. Un arido altopiano bianco di calcare e gesso, modellato dal mare e ricoperto da sottili strati argillosi di terra rossa ricca di ferro.
Particolari avvallamenti carsici di forma circolare e dal fondo piatto, le doline, sono l’elemento che più caratterizza questo areale, che arriva a contarne circa 4.500. In questo peculiare contesto la vite, come in molte altre zone in Italia, ha sempre avuto un ruolo fondamentale nell’economia locale e che ricopre tutt’oggi.

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Dall’epoca romana, passando per il Medioevo, la sua coltivazione caratterizzava il territorio, divenendo anche una tipologia di tributo, tutelata perfino da apposite leggi, gli statuti triestini. Oggi la viticoltura del Carso si basa soprattutto su tre vitigni autoctoni: la Malvasia istriana, i Terrano e la Vitovska. Tra queste la più particolare è sicuramente l’ultima. Presente nel Carso da moltissimo tempo, la Vitovska probabilmente era già nota all’Impero romano ed è l’unica di quelle sopra citate a non essersi diffusa al di fuori della sua zona, coltivata su una superficie che conta appena 50 ha.

L’origine del nome pare possa derivare dalla parola slovena Vitez, che significa cavaliere, dal termine vitica (viticcio dell’uva), o più probabilmente dalla località di Vipacco, oggi situata in Slovenia e conosciuta con il nome Vitovlje. Il vitigno a bacca bianca viene allevato con il sistema a spalliera tra i 100 e i 400 metri s.l.m. in piccoli vigneti posti spesso proprio sul fondo delle doline o sui tradizionali “pastini”, strette strisce di terreno coltivabili, sostenute da muretti a secco e che possono raggiungere pendenze anche del 60%. Il grappolo, compatto e dalla forma piramidale, è composto da bacche sferiche verdi che hanno una peculiarità che le contraddistingue: un piccolo puntino nero presente sull’esocarpo. La polpa è succosa ma dal sapore neutro.

Se vinificata in maniera classica regala dei vini di colore giallo paglierino spesso accompagnati da leggeri riflessi verdi, che diventano dorati quando si affina in legno. Il corredo olfattivo è intenso ma semplice, caratterizzato, a seconda dei casi, da forti note di pera Williams accompagnate da quelle di salvia, fiori bianchi poco dolci, agrumi e talvolta pietra focaia. All’assaggio si apprezza la discreta struttura e un piacevole equilibrio, dove la freschezza e le note sapide-salmastre regalano una grande bevibilità. Il finale è tipicamente accompagnato da sentori amandorlati.

La Vitovska può essere prodotta anche nella versione spumante metodo classico, dove le sensazioni alcoliche sono leggere e la freschezza ma soprattutto la salinità diventano i veri protagonisti. Esiste una terza versione di vinificare questo vitigno di confine, diventata sempre più popolare negli ultimi anni, ovvero quella con macerazione, il celebre orange wine. Il contatto prolungato tra mosto, bucce e fecce fini fa si che le proteine rilasciate dai lieviti e batteri lattici morti, consentano l’estrazione di sostanze polifenoliche, proteiche e aromatiche, che sono le responsabili della colorazione più intensa del vino, che può variare dal giallo dorato all’arancio.

Al naso la complessità olfattiva diventa maggiore, con note di frutta matura, candita e sentori mielati. Anche a livello gustativo è evidente l’aumento delle sue caratteristiche, con il corpo che si fa più strutturato e la freschezza e sapidità che rimangono però sempre presenti. La Vitovska rientra nella base ampelografica della Doc Carso.

 

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Il Carso, una terra per certi versi inaridita, basti pensare che l’etimologia del nome parrebbe derivare dalla parola celtica Karna (paesaggio di roccia), in seguito probabilmente trasposta in quella indoeuropea Kar (roccia o rupe). Nonostante questo, in virtù della sua posizione di confine che l’ha reso un crocevia di culture diverse, può vantare una tradizione culinaria molto variegata con influenze sia slave che asburgiche. In un panorama così complesso i vini della zona trovano facilmente la loro idonea collocazione nell’abbinamento. In particolar modo la Vitovska, grazie alla sua versatilità nella produzione, può essere utilizzata quasi a tutto pasto. Lo spumante metodo classico, vista la sua leggerezza nel corpo e nell’alcolicità, ma con una freschezza e sapidità marcate e il finale leggermente amandorlato, si abbina molto bene con i salumi del Carso. Prosciutto crudo, coppa e lardo sono essiccati spesso dalla bora e sono caratterizzati da una buona intensità gustativa e un finale leggermente dolce. La versione ferma potrebbe invece sposarsi con i tipici mlici, una pasta aromatizzata alle erbe e abbrustolita in forno, oppure con i canederli burro e salvia. La Vitovska macerata potrebbe essere abbinata invece a bocconcini di coniglio avvolti nel lardo, perché grazie alla sua maggiore persistenza, struttura, ed un velo di tannino acquisito dalla permanenza sulle bucce, andrebbe a riequilibrare bene le sensazioni gustative.[/su_box]

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