Marco Barbetti
“Il mio Carso è duro e buono. Ogni suo filo d’erba ha spaccato la roccia per spuntare, ogni suo fiore ha bevuto l’arsura per aprirsi”. Così lo scrittore Scipio Slataper, circa un secolo fa, descriveva il Carso, un’affascinante terra di confine, che si estende tra il Friuli, la Slovenia e la Croazia. Crocevia di popoli e cultura mitteleuropea, dove ancora si respira la storia scritta da persone valorose e caparbie. Un territorio difficile, quasi ostico, a metà strada tra le Alpi e il mare, con una vegetazione aspra ma vigorosa, dove si alternano inverni freddi ad estati torride e dove spesso soffia un forte vento, la bora. Un arido altopiano bianco di calcare e gesso, modellato dal mare e ricoperto da sottili strati argillosi di terra rossa ricca di ferro.
Particolari avvallamenti carsici di forma circolare e dal fondo piatto, le doline, sono l’elemento che più caratterizza questo areale, che arriva a contarne circa 4.500. In questo peculiare contesto la vite, come in molte altre zone in Italia, ha sempre avuto un ruolo fondamentale nell’economia locale e che ricopre tutt’oggi.