FOTOGRAFIA DI UN TERROIR
Borgogna. Un nome che, per chi come me del vino ha fatto più che una semplice passione, evoca da sempre storie di grandi produttori e iconiche etichette.
Ammetto, parlando di questa grande regione vitivinicola francese, che mi trovo forse un po’ in imbarazzo. Vuoi per un gap conoscitivo che solo chi ha avuto modo di visitare a più riprese questa splendida zona è riuscito in qualche modo a colmare.
Vuoi per una sorta d’inesperienza sul campo, giacché stappare certe bottiglie non è affare da tutti i giorni.
In effetti tanti sono i blasoni, tanti i Domaine Grand Cru, tanto diversificata la catalogazione, che dire (per me) di aver avuto un’esperienza completa e diretta risulta cosa assai difficile.
CLOS DE VOUGEOT, VENTAGLIO EMOTIVO UNICO
Lo spunto per sanare, almeno in parte, questa lacuna mi è però stato offerto qualche tempo fa, quando la Delegazione Fisar di Pistoia mi ha invitato a Villa Cappugi per prender parte a una serata di degustazione incentrata sull’iconico “Clos de Vougeot”.
Immaginate un vecchio monastero cistercense, incastonato letteralmente fra vigne a perdita d’occhio. Una “fotografia” che si fa fatica a visualizzare solo con la mente, vista la bellezza struggente di questo piccolo angolo di Francia. Immaginate di poter volare, anche solo per un istante, sopra i 52 ettari vitati della denominazione. Una serie infinita e parallela di filari ordinati, con antichi muretti a secco, che già nel Medioevo i monaci avevano tracciato per distinguere i vari Crus. Nulla potrebbe far pensare che un appezzamento del genere sia in realtà suddiviso in 80 proprietà distinte. Ottanta famiglie che, da secoli, lavorano ciascuna, a suo modo, le piccole porzioni di terreno che sono toccate loro, riuscendo a trovare la formula in grado di offrire risultati spesso distanti ma tutti di eccezionale livello. Una storia fatta di tradizione, diremmo noi, antica e unica al tempo stesso. Dovuta soprattutto a una conformazione geologica rara, fatta di substrati calcarei, retaggio di epoche geologiche antichissime che qui vedevano dominare vaste distese d’acqua. Fondali che, una volta emersi, hanno donato una terra in grado di regalare, grazie al Pinot Noir, un complesso ventaglio di emozioni. Ogni singolo metro quadrato, ogni pendenza di quest’area è un microcosmo a sé, peculiare terroir che affascina e incanta per ciò che è naturalmente in grado di esprimere.
CINQUE VINI PER CINQUE ANNATE
Senza voler tediare troppo con tecnicismi e filosofie vitivinicole, parliamo della serata. Una breve ma esaustiva introduzione del buon Giovanni d’Alessandro (che di viaggi in Borgogna ne ha fatti davvero tanti), ha aperto alla degustazione vera e propria. I vini scelti sono quelli del Domaine “Armelle et Bernard Rion”, una famiglia di viticoltori che cura poco meno di 1 ettaro nel cuore del Clos. Una produzione piccola, con quantità di bottiglie davvero esigue, ma dalla qualità ai vertici del Cru. “Strapparne” tre per singola annata non è stata impresa da poco, ed è facile immaginarlo vista l’entità e la porzione di terreno gestita dal Domaine.
Circostanza, questa, che ha reso l’evento organizzato da Fisar Pistoia ancor più esclusivo.
La verticale si è mossa su cinque annate, la 2020, la 2019, la 2018, la 2015 e la 2014.
Vediamole nel dettaglio
PINOT NOIR CLOS DE VOUGEOT DOMAINE RION 2020
La più giovane in degustazione, frutto di un’estate calda che ha portato ad una vendemmia anticipata alla terza settimana di agosto.
Un colore vivo, brillante, rubino impenetrabile con riflessi violacei, svela la giovane età del vino. Scorrevole, schietto, al naso si apre su un caleidoscopio di varietali e terziari non da poco. Frutti di bosco, accenni boisé, spezie e immancabili note ematiche aprono a una bocca rotonda, minerale e fresca, quasi elettrica. Tannini morbidi e ben integrati col frutto, spingono a un nuovo sorso, lasciando al palato piacevoli note di caffè. Un vino “gastronomico”, un succo di Pinot già divertente da bere adesso, ma capace di riposare qualche anno per fare la sua giusta evoluzione.
PINOT NOIR CLOS DE VOUGEOT DOMAINE RION 2019
A mio giudizio una bottiglia interessantissima, soprattutto se immaginata da bere fra qualche tempo. Il Pinot Noir ha certamente subìto la canicule estiva del 2019, traendone però giovamento.
Minore gradazione alcolica e minor concentrazione rispetto al precedente. Il risultato? Colore rubino leggermente scarico sempre vivo e brillante. Naso pulito, ampio e ricco di sensazioni fruttate e speziate. La bocca è uno schiaffo dolce, certo meno rotonda e diretta della 2020, ma mitigata da tannini soffici e da una spalla acida che sostiene perfettamente un sorso dinamico. Finale lungo su frutti di bosco che lascia presagire tutto il suo potenziale evolutivo.
PINOT NOIR CLOS DE VOUGEOT DOMAINE RION 2018
Un vino generoso, questo 2018. Dritto, verticale, senza sbavature. Un bel rubino appena scarico dalla leggera unghiatura arancio. Un naso già evoluto su predominanti nuances di pepe bianco e ciliegia matura. Sorso notevolmente equilibrato, forse più di tutti gli altri vini in degustazione. Tannino setoso, acidità ancora fresca e pimpante che si spalanca su un finale limpido e avvolgente, ricco di note fruttate e speziate che si muovono danzando. Anche in questo caso il potenziale evolutivo è ragguardevole, considerando il fatto che la sensazione è di una non assoluta prontezza, vista la sua relativa giovane età.
PINOT NOIR CLOS DE VOUGEOT DOMAINE RION 2015
Annata calda ma interessante, questa 2015. Un Pinot Noir meno esuberante, più austero. Vino scorrevole, di un bel rubino scuro tendente al granato. Naso ancora chiuso, con impercettibili sensazioni fruttate e tostate. Tannino comunque presente e decisamente morbido, acidità ancora viva, nonostante l’annata e l’età. Il raggiunto equilibrio, complice il millesimo, ci fa intendere che questo Clos de Vougeot sia quasi al suo apice, con margini evolutivi che solo il tempo potrà svelarci.
PINOT NOIR CLOS DE VOUGEOT DOMAINE RION 2014
E chiudiamo con la 2014. Ultimo della batteria, ma non per questo meno intrigante dei precedenti. Tutt’altro, nonostante un’annata fredda che sembra riportare al passato. Un rosso granato con sfumature aranciate fa da preludio a un naso complesso, che muove su sbuffi di marasca sotto spirito, sottobosco, spezie e caffè torrefatto. La bocca meno fresca e pimpante delle precedenti, ma nulla di cui meravigliarsi. Ci stiamo confrontando col fratello maggiore, con un vino che ha sapore di esperienza e saggezza. Paga forse qualche ora d’anticipo sulla giusta ora d’apertura per la sua reale degustazione. Poco importa, già così questo Pinot suscita curiosità e voglia di scoprirlo a ogni assaggio. Peccato che me ne sia toccato un solo calice. Note saline, quasi gessose, fanno da contrappunto a tannini ancora freschi in una sinfonia di intriganti equilibri. Per chi ha la virtù dell’attesa, vino da far riposare ancora qualche anno in cantina.
L’ABBINAMENTO IDEALE
Concludendo, Clos de Vougeot è sicuramente un mito per noi sommelier. Il Domaine Rion la prova provata che, quando il terroir è quello giusto e la mano sapiente, il risultato può andare oltre ogni nostra aspettativa. Se dovessi fare uno dei miei abbinamenti, troverei due soluzioni. Da sorseggiare compiaciuti ascoltando un Notturno Opera 2 di Chopin o sprofondando nelle pagine avventurose e senza tempo di Hemingway.
Luigi Marchioni
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