Antonio Mazzitelli
Poco più di 82 Km quadrati, generati dal vulcano, ben due iscrizioni all’elenco UNESCO dei Patrimoni dell’Umanità; un primato che può vantare uno dei luoghi evocativi della nostra penisola, l’incantata Pantelleria. Due tesori legati alla millenaria cultura contadina, in particolare all’ambito magico della vite. Il 26 novembre 2014 l’UNESCO a Parigi valuta il dossier curato dal prof. Pier Luigi Petrillo e approva, all’unanimità, l’iscrizione della “coltivazione della vite Zibibbo ad alberello”, prima pratica agricola al mondo a raggiungere questo straordinario traguardo. Si basa sullo scavo di buche nel terreno profonde circa 20 cm, all’interno delle quali la vite prende la forma di un alberello; in tal modo si offre protezione dal vento, a volte impetuoso, e si può carpire la scarsa risorsa idrica del terreno.
Il 28 novembre 2018 “l’arte dei muretti a secco” viene iscritta nella lista dei beni immateriali dichiarati Patrimonio dell’Umanità, dove si riconosce la bellezza paesaggistica derivante e la tecnica costruttiva, relativamente a sette nazioni, oltre l’Italia: Grecia, Cipro, Croazia, Francia, Svizzera, Slovenia e Spagna. Queste due pratiche (sia quella agricola, che quella costruttiva) sono il risultato di istruzioni tramandate di generazione in generazione, spesso oralmente, in quel dialetto siculo-arabo affine al maltese, frutto della dominazione araba dal 845 fino alla conquista normanna del 1123. Al centro di questo eremo di bellezza e sostenibilità abbiamo l’imperatore delle uve pantesche: lo Zibibbo.
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In realtà è un nobile componente aromatico della vasta famiglia dei Moscati. Infatti parliamo del Moscato di Alessandria, proveniente dall’Egitto, diffuso dai Romani (da cui Muscat Romain, quando lo troviamo, ad es., in Roussillon). Essendo adattissimo all’appassimento, resistente al marciume e alla siccità, veniva utilizzato dagli Arabi come uva passa (al zibibb significa “uva appassita, secca”), di cui erano formidabili consumatori.
Oggi questo vitigno è il protagonista di una produzione notissima, vero e proprio “oro pantesco”, riconosciuto nella Pantelleria DOC nell’agosto 1971 (terzo vino siciliano ad ottenere la Doc, dopo “Etna”, agosto 1968 e “Marsala”, aprile 1969). All’interno della Denominazione si delineano le seguenti tipologie:
– Moscato di Pantelleria;
– Passito di Pantelleria;
– Pantelleria-Moscato Spumante;
– Pantelleria-Moscato Dorato;
– Pantelleria-Moscato Liquoroso;
– Pantelleria-Passito Liquoroso;
– Pantelleria-Zibibbo Dolce;
– Pantelleria-Bianco, anche Frizzante.
Negli ultimi anni si nota un aumento della produzione delle versioni secche, non sempre
all’altezza, in verità; laddove, però, si riesce ad affrancare da pleonastici orpelli barocchi diventa un vino profumato, gradevole, ottimo sodale, ad es., della pasta alla Norma. Naturalmente la tipologia più celebrata è il Passito di Pantelleria, dove è previsto l’appassimento in pianta e/o al Sole, escludendo qualsiasi arricchimento del mosto o del vino, che non sia la stessa uva appassita al Sole. Il terreno vulcanico ricco di sali minerali cede al vino una complessità straripante, conferisce una potente struttura, soprattutto dona a questo nettare dall’imponente residuo zuccherino il suo segreto: la spina acida; bilanciare ed arricchire le noti dolci è imperativo categorico kantiano.
Un vino dolce (sia passito, sia muffato, sia fortificato) senza un’adeguata, dionisiaca spinta
acida lo riteniamo immorale. Ottimo estratto, grande residuo zuccherino, altissima acidità,
splendida complessità olfattiva (dal dattero al fico secco, dal legno di sandalo ai fiori appassiti, fino a note idrocarburiche e tanto altro): un gioiello invidiato da tutto il mondo.
Gli abbinamenti con la pasticceria di spessore siculo-arabo appaiono gradevolissimi, cassata
e cannolo über alles; da consumato gourmand il connubio con alcuni formaggi erborinati, quali Stilton, Gorgonzola, Castelmagno erborinato etc. etc. Pantelleria di vento e di vulcano; unisce la sua struggente bellezza all’ingegno dell’uomo, che qui ha vissuto e vive e prova da millenni il proprio essere sostenibile. Ponte inestimabile tra Culture e Civiltà.
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