Raffaella Melotti
Il sommelier è attore non protagonista della sala, il protagonista indiscusso è il commensale. Il sommelier funge, nel ristorante in cui lavora, da supporto, servizio e assistenza al cliente.
Il sommelier “attore”, nel porsi al cliente, utilizza strumenti di marketing diretto e indiretto che, oggi, rispetto al passato, sono vera e propria necessità. Il fine è quello di fidelizzare e creare una proposta unica di valore equiparabile a un investimento e non ad una semplice spesa. Fare marketing per il sommelier vuol dire analizzare e programmare la sua fetta di mercato, che si traduce nell’avere sotto controllo la sua clientela. Nell’intento di attuare una vendita indiretta del prodotto sviluppa una ‘relazione’ con il cliente che si basa sulla conoscenza della carta dei vini, sulla sua variabilità (tipologie, produttori, annate, territori del vino), sul dialogo e su un servizio adeguato al target di riferimento (stappatura, corretta temperatura dei vini, degustazione).
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Da qui nasce la necessità di utilizzare ‘leve’ di marketing relazionale per lo svolgimento del suo ruolo, alla ricerca di efficacia e di efficienza nel servizio. Con l’obiettivo ultimo di assicurare, e verificarla di persona, quella che in termine tecnico si definisce customer satisfaction (‘A person’s feelings of pleasure or disappointment resulting from comparing a product’s perceived performance in relation to his or her expectations’, Kotler 2000). Il servizio del vino, in sintesi, quale valore immateriale che trasforma l’accoglienza al tavolo, la cortesia, il momento della scelta, la condivisione informativo-edonistica in esperienza sociale, permettendo al cliente di effettuare la sua scelta in modo consapevole e garantendogli maggiore soddisfazione. La narrazione del vino, il coinvolgimento discreto del cliente, l’offerta di un prodotto che sia in linea con le sue richieste sono molle fondamentali non solo per soddisfarlo, anche per fidelizzarlo e farlo tornare nel locale. Il cliente che ama il vino, e si fida di chi lo propone, tenderà a provare e sperimentare prodotti nuovi e a divertirsi nel farlo, e potrà contare sulla professionalità del sommelier quale trait-d’union tra il suo desiderio e la possibilità di realizzarlo.
Da questa relazione attenta e privilegiata, può nascere, nel cliente, un’esperienza positiva in quanto si è prestato attenzione ai suoi bisogni, lo si è fatto in tempi ragionevoli (variabile scarsa, nella vita odierna), educandolo sentimentalmente al vino. Il sommelier diviene anche attento osservatore dei commensali, di loro usi e abitudini; porta con sé una componente umana che, metaforicamente, potremmo associare al modo di sorseggiare un cognac o un whisky, ovvero ‘caldamente’ tra le mani. In questo gesto, troviamo attenzione, dedizione, lentezza, cura e voglia di comprensione del prodotto che abbiamo nel calice. Il sommelier può trattare il commensale proprio come farebbe con quel calice di distillato, ottenendo così un effetto rassicurante. Non è, non solo opportuno, nemmeno corretto che il sommelier stia in rigoroso silenzio, può intervenire invece, con un sorriso gentile, e, a fronte del rapporto di fiducia, anche per correggere, se necessario. Comportarsi, così, come diceva Henry Ford: “Le anatre depongono le uova in silenzio. Le galline invece schiamazzano come impazzite. Quale la conseguenza? Tutto il mondo mangia uova di gallina”, con le dovute attenzioni, senza schiamazzare troppo.
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