RICONOSCERE LE BUFALE ANCHE NEL VINO INTERVISTA AL PROF. MARIO MORCELLINI

Stefano Borelli

“Il vino fa bene, fa male, il prosecco rovina i denti, meglio un bicchiere al giorno che un’ora di palestra, meglio imbottigliare con la luna piena”. Le notizie, le dicerie, sul mondo del vino sono tantissime. Alcune con un fondo di verità, altre vere e proprie bufale.

Il professor Mario Morcellini è Professore Emerito di Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi all’Università “La Sapienza” di Roma; dal 2017 è Commissario all’Agcom, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. Ci siamo rivolti a lui per sapere come districarci nel mondo delle fake news.

Professor Morcellini come nascono e si diffondono oggi le fake news?
Dobbiamo partire dal presupposto che ci era stato promesso che al tempo dell’aumento delle tecnologie, avremmo avuto più democrazia e più trasparenza. In realtà, non c’è stata una crescita né dell’una (basti pensare a quello che è successo negli Stati Uniti) né dell’altra. In sostanza il numero di notizie vere è quasi in equilibrio con quelle false o comunque imprecise, non utili a migliorare la vita delle persone. L’aumento di tecnologie ha invece aumentato la possibilità di “scomunicare” l’informazione, farla diventare un meccanismo tossico.

Che caratteristiche hanno le fake news?
Su questo tema l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha condotto la più grande ricerca realizzata in Italia. E sono emerse tre caratteristiche importanti. La prima è la rapidità di produzione, ma anche di scomparsa delle fake news: sono un agguato rapido al consumatore, hanno una bassissima durata, in genere si spengono il giorno successivo. Questo le rende riconoscibili e ci dà delle armi per combatterle. Il secondo elemento è la stagionalità. A seconda del clima politico-sociale c’è il prevalere di un’area tematica. Di norma è la politica; quando si avvicina un’elezione o comunque si vuole provocare una crisi è evidente che aumenta la percentuale di contenuti politici falsi. Negli ultimi tempi questa tendenza a creare falsi si sta dirottando su temi civili, come il cibo e il vino. Il terzo elemento di una fake news è la mancanza di fonti: non ci sono dati per dimostrarla, e risulta fin da subito gracile.

Che ruolo ha avuto la comunicazione nella vita delle persone?
La comunicazione in passato ha aiutato gli uomini a cambiare stili di vita, rendendoli disponibili al nuovo. Ha contribuito al miglioramento della società e all’aumento della democratizzazione: alcuni programmi televisivi e giornali specializzati hanno infatti costruito un “sentire comune” che ha spinto la gente verso scelte sane e consapevoli. Anche in campo alimentare. Oggi, invece, la rete è diventato un posto quasi invivibile di linguaggi inaspriti e di tendenza alla disinformazione.

Come possiamo difenderci dalle fake news?
Innanzitutto bisogna dire che le fake news sono più presenti in rete rispetto ai media editoriali classici che hanno un direttore responsabile, che risponde penalmente della pubblicazione di un falso. Albergano soprattutto in televisione o sul web dove si è più rapidi e non si dà agli utenti la possibilità e il tempo di trovare un punto di debolezza nel discorso. Per combatterle bisogna quindi imporre più cultura e più ragionamento. Quest’ultimo è meno di moda rispetto all’urlo dei politici che usano solo slogan.

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Le fake news chi danneggiano? Possono creare psicosi?
Possono avere risultati pericolosi. Se si dice, ad esempio, che domani ci sarà un terremoto si alza l’attenzione del pubblico, soprattutto della popolazione che dovremmo tutelare di più: gli anziani e le donne sole. Per definizione, i soggetti più deboli sono più propensi a farsi influenzare e non è un caso che alcune campagne pubblicitarie vadano a cercare questo tipo di persone. L’altra colpa che hanno i media è che quando fanno marcia indietro non avvertono di aver cambiato opinione. Si può sbagliare, ma non si può tacere di aver sbagliato. Il mercato editoriale deve ripristinare un’informazione seria e verificata. Deve aumentare il suo tasso di credibilità.

Professore, per concludere, ci può dire quali vini ama?
Sono umbro, anzi orvietano e scelgo quasi sempre vini delle mie zone e dell’Alto Lazio. Sono un caso di persistenza delle tradizioni identitarie, come molti italiani che vanno a cercare sapori già noti. Sono poi molto attratto delle etichette. Per me un’etichetta riconoscibile, singolare è un elemento di valutazione dell’acquisto e forse anche del giudizio. Il terzo elemento è che trovo molto suggestive le pagine e i giudizi dei giornalisti enogastronomici. Quello del vino è uno dei territori a più alta intellettualizzazione che conosciamo: studiosi come Riccardo Cotarella, ce lo ricordano di continuo. È un campo comunicativo affascinante, anche perché per avere una buona autonomia dei sapori bisogna avere un’ottima autonomia dei saperi.

Le fake news più recenti sul vino

“Un bicchiere di vino rosso equivale ad un’ora di palestra”. Questa bufala, che ha fatto il giro del web rasentando il virale nell’agosto del 2019, è stata smentita dagli ricercatori dell’University of Alberta in Canada. Lo studio si riferiva agli effetti benefici del resveratrolo che può avere principi positivi, ma non nelle quantità esigue presenti nel vino.
https://www.ualberta.ca/medicine/ news/2015/january/resveratrol

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