INTERVISTA A CARLO VERONESE, DIRETTORE DEL CONSORZIO TUTELA VINI OLTREPÒ PAVESE ED EX DIRETTORE DEL CONSORZIO TUTELA LUGANA, PER CAPIRE QUALI SPECIFICITÀ CARATTERIZZANO LE DENOMINAZIONI CONDIVISE TRA REGIONI
Alice Lupi
Lei è stato Direttore del Consorzio Tutela Lugana per ben 12 anni e conosce bene molti aspetti che caratterizzano le D.O. interregionali. Quali sono le loro peculiarità?
Le Doc nascono dalla tradizione dei luoghi e delle genti che popolano un territorio, tradizioni che sono antecedenti ai confini amministrativi delle Regioni. Pensiamo al Lugana con i 5 comuni dell’area sud del Lago di Garda, suddivisi tra due regioni: Lombardia (Sirmione, Pozzolengo, Desenzano, Lonato del Garda) e Veneto (Peschiera del Garda) ma uniti nella stessa Diocesi di Verona (i confini delle Diocesi sono spesso antichissimi). In queste aree il comune denominatore è la coltivazione di alcune varietà di vite e la produzione di vini storici, cambiano le lingue (dialetti), le tradizioni culinarie (tortelli contro tortellini, salame contro soppressa, pesce contro carne), ma il vino crea l’unione del territorio. Teniamo conto che in queste denominazioni è comune che un produttore abbia vigneti in tutte e due le regioni o addirittura appezzamenti che scavallano i confini. Pensiamo poi ai prezzi dell’uva CCIAA che spesso rilevano valori diversi nello stesso territorio creando anche problemi economici
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In questo caso come interviene il Consorzio?
Si cerca di far dialogare le istituzioni e, a volte, ci si riesce. Purtroppo non è sempre possibile poiché dietro ai valori camerali ci sono enormi interessi aziendali e di territorio.
Le DO interregionali sono espressione di una collaborazione tra le regioni?
Sarebbe bello ma non sempre è così. Spesso le Regioni hanno visioni differenti. È molto più facile che sia il Consorzio a unire, così è stato per il Lugana che ha creato punti di incontro tra le due Regioni e di crescita comune con la condivisione delle procedure della filiera di produzione adottate. Poi ci sono gli aspetti legati alla promozione del vino, le associazioni che formano gli assaggiatori e i sommelier, i “degustatori ufficiali” e le degustazioni dei vini per le guide e per i corsi di formazione che vengono realizzati divisi per regione.
Dunque sono i Consorzi il ponte di collegamento tra i territori che condividono la medesima Denominazione?
La funzione dei Consorzi è principalmente quella di promozione, tutela e vigilanza. Riuscire a promuovere i vini, azzerando i confini amministrativi che sono un nonsenso per un territorio, permette di fare promozione e tutela allo stesso tempo.
Rispetto a questo tema, ha degli obiettivi raggiunti di cui è profondamente orgoglioso?
Per anni la CCIAA di Verona e la Regione Veneto non riconosceva il Lugana, ci è voluta una forte sinergia tra produttori per convincere i funzionari ad inserire nel materiale promozionale e nelle degustazioni questo importante vino. Poi sono riuscito a riunire in un’unica commissione di degustazione gli esperti di tutte le guide per degustare insieme tutti i prodotti della Denominazione, in questo modo abbiamo annullato la regionalità che in questo caso non ha rilevanza. Il concetto di Denominazione prevale sui confini e i vini ottimi vengono premiati.
Quali sono le sfide che ancora oggi, secondo lei, attendono i Consorzi delle DO interregionali?
I Consorzi devono continuare a operare in forte sinergia con i produttori e le amministrazioni comunali dei loro territori poiché i confini amministrativi hanno sempre minor senso nella promozione delle DO Interregionali.
[su_box title=”Chi è Carlo Veronese?” style=”noise” box_color=”#5e0230″ title_color=”#fff”] Nato sull’equatore ha studiato a Verona dove si è diplomato Perito Tecnico Agrario. Produttore di Lugana nell’azienda di famiglia fino al 2005. Lo vediamo in Consorzio Tutela Lugana dal 2006 al 2019 con funzioni di tecnico e poi Direttore. Da settembre 2019 dirige il Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese. [/su_box] [/ihc-hide-content]
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