PINOT NOIR: L’ANIMA LIQUIDA DELLA BORGOGNA

Esiste una zona del pianeta in cui dà origine ai rossi “più stupefacenti del mondo”, come li definisce Armando Castagno, massimo esperto della materia. Si trova in Borgogna, nella Cote d’Or, meglio ancora, nella Cote de Nuits.

Misterioso, eclettico, sublime, capriccioso. Questi sono solo alcuni degli aggettivi che vengono accostati al pinot noir, vitigno diffuso in tutto il pianeta, sogno proibito o bestia nera di produttori e appassionati.

Non perdona, il pinot noir.

In climi caldi tende a sovramaturare, perdendo così anche la più piccola particella di eleganza. Diventa una creatura alcolica, svilita nei profumi, che passano dalle note di frutta e spezie dolci tanto desiderate, a quelle dell’interno di un pollaio, ovviamente orribili e non ricercate.

In climi troppo freddi si annacqua, diventa vegetale, gracile, inconsistente.

Esiste una zona del pianeta in cui dà origine ai rossi “più stupefacenti del mondo”, come li definisce Armando Castagno, massimo esperto della materia. Si trova in Borgogna, nella Cote d’Or, meglio ancora, nella Cote de Nuits.

Sul come il pinot noir sia arrivato in Borgogna, è ormai opinione comune che sia merito della mania di espansione dei Romani. Prima i Galli invasori portarono a casa qualche pianta di vite, ma è dopo che le legioni di Cesare espugnarono Alesia, che il vino si sostituì alla birra, tipica bevanda della terra dei Celti.

I secoli che seguono sono ricordati come l’epoca delle abbazie e dei monaci, periodo fondamentale per la formazione dell’odierna viticoltura borgognona. Risale al 640 d.C. la donazione all’Abbazia di Bèze, e la successiva recinzione, del primo clos (vigneto recintato), il Clos de Bèze, un appezzamento di vigneti nella zona di Gevrey, già noti per il loro pregio.

Ne seguiranno molte altre, con la convinzione, peraltro giustificata, che la qualità del vino dipenda più che altrove dal singolo pezzo di vigna.

Nel 1395 il pinot noir cominciò a manifestare la supremazia sul più rustico gamay, che ne subì le conseguenze sotto forma di espianti e confino nella zona di Digione. Il mercato del gamay restò quello locale mentre al nobile pinot saranno riservati il mercato di lusso e le corti straniere.

Attraversa così i secoli questo vitigno aristocratico, tra Rivoluzione Francese e fillossera, sempre consolidando il legame con il territorio, il protagonismo del terroir e del climat, che trascende la proprietà, il marchio e il vitigno stesso.

Non si può capire il pinot noir in Borgogna senza capire il concetto di climat, parola difficile da tradurre in italiano.

Climat designa uno speciale appezzamento di vigne conosciuto da secoli con lo stesso nome. A esso si associano una storia, un’umanità, particolari qualità nel vino, che la caratterizzano da sempre. È un concetto in cui si fondono elementi naturali, climatici e umani, come il terroir, ma con una storia ancora più specifica. Attualmente i climats della Cote d’Or sono 1247, alcuni mitici, e tutti Patrimonio Mondiale dell’Unesco.

Ma torniamo al pinot noir. All’inizio di questo racconto ho dichiarato che il suo luogo di elezione è la Cote de Nuits, quella fascia di terre antichissime che da nord a sud si estende per 20 km da Digione a Beaune, con al centro Nuit-Saint-Georges. È orientata a est e non supera mai gli 800 metri di larghezza, per un totale di 1500 ettari vitati. Alcuni climats sono diventati oggetto di culto nel mondo vinicolo… e alcune bottiglie oggetto d’investimento.

Come mai? Come sono i migliori pinot noir della Cote de Nuits?

Hanno colore leggero e scintillante, profili olfattivi che vanno dalle note fruttate e agrumate, a quelle balsamiche, di mentuccia e incenso. Hanno grande potenzialità d’invecchiamento e si ritiene che la china evolutiva sia in procinto di scendere quando cominciano i sentori di terriccio, funghi, muschi. La loro grandezza si trova nel sorso: intenso e di facile beva allo stesso tempo, con tannini appuntiti ma mai ruvidi, grande intensità salina e snellezza del centro bocca.

Ma la grande forza del pinot noir di Borgogna è quella di saper leggere e trasmettere il terreno da cui deriva. Tanto che il pinot noir non deve essere riconosciuto come pinot noir, ma come espressione del climat di provenienza. Esiste persino un verbo, pinoter, che è un dispregiativo per definire i vini che sanno di pinot noir…

Da ciò possiamo capire facilmente che il pregio dei migliori pinot noir di Borgogna è la trasparenza espressiva che esalta il terroir.

IL SISTEMA DELLE APPELLATIONS

Prima di parlare delle appellations della Cote de Nuits, da cui derivano i più famosi e significativi vini da pinot noir della categoria, è doverosa una breve parentesi sulla classificazione.

Si precisa che il pinot noir è prodotto con grandi risultati anche nella sottostante Cote de Beaune, nonostante le vigne a sud di Beaune siano più vocate e più usate per donare grandissimi vini bianchi da uve chardonnay.

Il pinot noir di Borgogna può avere le seguenti menzioni in etichetta:

  • Bourgogne: appellation régionale, che contiene in realtà 23 denominazioni. Sono i vini base, a volte compare il vitigno in etichetta, ma non per questo vanno trascurati: capita di trovare buone bottiglie a prezzi competitivi. Una curiosità è data da un vino radicato nella tradizione contadina, il Bourgogne passetoutgrain (letteralmente significa “passi ogni acino”), in cui è concesso anche l’uso del gamay.
  • Villages: salendo di un gradino si trovano le 44 appellations Villages, che definiscono una provenienza delle uve più circostanziata, nel comune della denominazione, e rappresentano circa 1/3 del vino prodotto.
  • Premier Cru: si sale di un gradino pur restando dentro nell’appellation comunale e ci si riferisce a 640 climats, che danno circa il 10% del vino prodotto.
  • Grand Cru: sono denominazioni a sé stanti. 33 appellations in cui in etichetta compare solo il climat di provenienza e rappresentano l’1,4% della produzione. Tra di essi ci sono i nomi di vigneti leggendari.

LE APPELLATIONS DELLA COTE DE NUITS

Da nord a sud, ecco un vademecum delle zone del pinot noir in Cote de Nuits:

  • Marsannay: è l’unica denominazione in cui ancora non sono presenti dei Premier Cru anche se alcune parcelle sono in fase di studio. I rossi di Marsannay si possono classificare come i più profumati e agili, sostenuti da croccante freschezza acida.
  • Fixin: denominazione in via di scoperta, al momento non del tutto sfruttata e valorizzata. I terreni sono profondi e ricchi di scheletro come a Gevrey, i vini sono considerati i “cugini rustici” dello Gevrey-Chambertin. Tannini profondi e molta attitudine all’invecchiamento. Ci sono sei climats classificati Premier Cru.
  • Gevrey-Chambertin: appellation grande, quasi 450 ettari, e di origini antichissime, i cui terreni sono plasmati da cinque gole (combes) che hanno portato detriti, sassi e acqua. Terra di rossi profondi e carichi di energia, annovera ben 9 Grand Crus tra le sue vigne. La vigna più prestigiosa, lo Chambertin, dal 1847 fa parte della toponomastica del comune!
  • Morey-Saint-Denis: denominazione piccola, famosa per la presenza di 4 Grand Crus particolarmente famosi, e con caratteristiche tradotte nel calice parecchio diverse tra loro. Anche qui la vigna di Saint-Denis è accostata al nome del comune.
  • Chambolle-Musigny: terra di vini sottili e minerali, data la scarsa presenza di argilla a tutto vantaggio delle rocce calcaree. Due Grand Crus e 24 Premier Crus che donano finezza e sensualità al pinot noir. Musigny è considerato il vigneto più desiderato dai produttori (e il suo nome fa parte del comune).
  • Vougeot: caratterizzato dalla presenza del Clos de Vougeot, Grand Cru ampio 50 ettari. Le sue caratteristiche sono eterogenee, le vigne in alto danno vini che ricordano la finezza delle zone circostanti. Scendendo, i terreni si fanno più argillosi e i vini più vigorosi e meno eleganti, senza che questa caratteristica di minor pregio abbia ripercussioni sul prezzo degli stessi…
  • Vosne Romanée: fascia centrale con 8 Grand Crus, che presenta terreni poco profondi ma diversificati per composizione (argille, calcare, marne, fossili), che creano le condizioni ideali per dare complessità ed eleganza al pinot noir. I vini hanno finezza e trama tannica complessa, equilibrio e intensità, longevità e prezzi che li rendono destinati a pochi. Sono tra i rossi più famosi e contesi del mondo.
  • Nuit-Saint-Georges: denominazione a sud della Cote de Nuits, non rivendica Grand Cru al suo interno e dà rossi solidi e vigorosi, austeri e scuri, divenuti celebri nel mondo per queste caratteristiche.

I CLIMATS MITICI

Sogniamo un po’. Cinque fra i vigneti di pinot noir più celebrati del mondo.

  • Chambertin-Clos de Béze (15,40 ha): esiste dall’anno 630 d.C. e da allora ha mantenuto intatti i suoi confini. Di questo vigneto è stato scritto che “sta al vino come la Bentley sta all’automobile” (Patrick Essa). Rispecchia il carattere forte di Gevrey ma accosta una delicatezza che proviene dall’apertura perfetta verso est, dall’essere in mezzo a due combes, dalla ventilazione ottimale. 
  • Clos de Tart (7,53 ha): ha questo nome da 900 anni, da quando le Suore Bernardine lo ricevettero in dono e lo “battezzarono”. Siamo nella zona più a sud di Morey-Saint-Denis, dà il vino più profondo della Cote de Nuits ed è vinificato en monopole dall’omonima azienda.
  • Musigny (10,85 ha): è il vigneto più desiderato dai produttori della Borgogna, secondo la risposta che hanno fornito alla domanda “se poteste scegliere una parcella da ricevere in regalo, dove la vorreste?”. Qui il pinot noir ha assoluta eleganza, con sentori di violetta, arancia sanguinella ed erbe balsamiche. Banditi i profumi tostati e animali.
  • La Tache (6,06 ha): vigna mitica, monopolio del Domaine de la Romanée-Conti, in cui si producono dalle 15.000 alle 20.000 bottiglie all’anno. Già nel 1800 La Tache era definito il vino più completo di Borgogna e anche ora presenta un bouquet sontuoso e orientaleggiante, mitigato dal sorso armonioso e vellutato.
  • Romanée-Conti (1,81): definito la perla della Borgogna, è monopole del Domaine che da esso ha preso il nome. Nasce qui il pinot noir più costoso del mondo. Affido alle parole di chi ha avuto il privilegio di incontrare questo vino la riflessione su di esso. “Romanée-Conti è un souvenir lasciato dagli dèi su questo quadrato di terra: la meravigliosa traccia di una perfezione senza tempo”. (Richard Olney)