QUESTIONE DI FEELING… I LEGUMI: QUANDO SI DICE… CADERE A FAGIOLO. CON I VINI DEL CENTRO ITALIA

Marzio Berrugi

Il Sommelier Magazine QUESTIONE DI FEELING... I LEGUMI: QUANDO SI DICE… CADERE A FAGIOLO. CON I VINI DEL CENTRO ITALIA

Freschi o secchi? Questo è il dilemma: se sia da preferire una ciotola di fave fresche e tenere appena sgusciate, dolci, sposate a piccoli bocconi di pancetta e di formaggio fresco – in Toscana cacio baccellone – oppure sfidar la bilancia ammollando un pugno di fave secche e dure poi cuocerle e ridurle in crema odorosa di leggero soffritto con un filo d’olio finale a giro, la C del signor Indro, ed onorare così la memoria dei nostri antenati italici che del macco, questo il nome del piatto, avevano fatto l’alimento base nelle loro conquiste. Già in queste due preparazioni si scorgono linee guida per poter arrivare ad un buon abbinamento col vino. Se freschi ed appena sgusciati i legumi mantengono una nota dolce, come i piselli, mentre le fave hanno finale metallico e leggermente astringente. Se secchi gli amidi la fanno da padrone e si scontrano con il tannino dei rossi ed il giro d’olio ricordato, si tratti dell’antico macco, della più famosa ribollita o della più semplice minestra di fagioli passati, porta grasso e morbidezza che avvolge l’amaro del tannino. Sì perché con piatti a base di legumi secchi interi o passati si impone vino rosso di struttura contenuta, giovane, da vitigni che hanno tannino morbido e non molto aggressivo.

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L’Italia ne è ben fornita, anche sulle isole maggiori, come la Sardegna, che con Cannonau e Monica che, se non troppo alcolici e strutturati, legano bene con i loro profumi di gioventù anche con le aromatizzazioni necessarie per vivacizzare il piatto cioè salvia, rosmarino talvolta menta. Se poi la nostra minestra di legumi sale di struttura con l’aggiunta di cotenne di maiale ed altre verdure come nella jota giuliano-dalmata dalla lunga cottura, messo da parte l’ovvio Terrano, un Morellino di Scansano con a bordo quota generosa di Grenache sarà altrettanto perfetto.

Bene anche un Chianti Montalbano, un Rosso Piceno, un Torgiano rosso. Rosato invece da uvaggio bordolese, Bolgheri, o da Aleatico, Elba o Val di Cornia, per l’indimenticata Passatina di ceci con gamberi dello chef Pierangelini del Gambero Rosso di San Vincenzo che come la Settimana Enigmistica vanta più di trecento imitazioni, tutte inferiori. Profumata dai segreti dello chef, morbida e leggera con accenni dolci e marini quando mettevi in bocca anche un pezzetto di gambero è stato forse l’abbinamento perfetto per i migliori rosati toscani che suggerisco insieme a Igt rosate soprattutto campidanesi da Cannonau anche per ciceri e tria sostituendo il locale Salice Salentino rosato.

Non mi sento di compiere acrobazie con piatti orientali e vini italiani: le mille facce del curry
possono portare fuori strada, perciò è il buon tè scuro denso di aromi e tiepido il mio suggerimento. Sul curry, piano col piccante e avanti con spezie morbide, un rosso come il Monica oppure un Montecarlo giovane da Merlot e Syrah va bene, mentre tornerei al rosato già detto per la feijoada anche se le variazioni, scorrendo il Brasile, sono moltissime. Non credo interessino le innumerevoli variazioni legumi freschi o secchi e crostacei, molluschi o pesce: sono quest’ultimi a dettar legge al punto che non vanno trascurati bianchi secchi morbidi e di corpo.

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