Antonio Mazzitelli
Eroismo: il primo concetto che si elabora, pensando al vino della montagna. Il garante degli interessi della Viticoltura di montagna e in forte pendenza è il Cervim (Centro di Ricerca, Studi e Valorizzazione per la Viticoltura Montana), un organismo internazionale con sede in Val d’Aosta, nato nel 1987, al quale aderiscono organismi regionali nazionali ed esteri.
Il Cervim definisce e tutela le caratteristiche sulle quali si fonda il concetto stesso di vino di montagna, che coincide a pieno con quella che viene riconosciuta come viticoltura eroica. Dall’eroismo si deve partire per comprendere tipologie enoiche uniche ed irripetibili in altri territori, riguardo alle quali il nostro paese non teme rivali: oltre 500 produttori censiti, circa 1.200 comuni italiani coinvolti a vario titolo, riuniti in diverse Comunità Montane.
Parliamo dunque anche di apporto quantitativo non indifferente, ma è il valore qualitativo che assume sempre maggiore importanza. Gli appassionati e gli operatori del settore rivolgono una crescente attenzione alle Terre Alte; ci intriga lo storytelling di bottiglie di altissima qualità, letteralmente strappate a piccoli fazzoletti di terra, raggiungibili quasi sempre a piedi, non meccanizzabili, spesso tolti all’abbandono e all’incuria.
Dalla Val d’Aosta all’Alto Adige, dalla Liguria al Piemonte; le aspre terre dell’entroterra marchigiano e abruzzese; non dimentichiamo il meraviglioso Sud: dalle realtà del Taburno e del Vesuvio, alle produzioni calabresi (regione dove il 42% del vino proviene dalla montagna), passando dal Vulture, fino allo splendore dell’Etna. Territori così distanti e diversi ci donano vini eterogenei e delle più svariate tipologie: possiamo comunque azzardare dei tratti comuni, determinati dal loro essere montani.
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Del vino di montagna ci impressiona immediatamente l’aspetto visivo: da dovunque provengano, a qualsiasi tipologia appartengano, la luminosità di questi vini è abbacinante. L’impatto olfattivo è sempre intenso, netto, pulito. L’esame gustativo ha come protagonista la freschezza, donata da una spina acida sempre ben definita. Per giungere a questa Koiné degustativa, si consideri che l’altitudine provoca forti escursioni termiche, soprattutto in estate: si rafforza la carica olfattiva, si consente una maturazione lenta delle uve, spesso sinonimo di longevità del vino; si creano particolari microclimi (anche secondo la disposizione delle gole e delle valli), che vanno a differenziare singoli vigneti anche a pochi metri di distanza (eclatanti i casi dell’Ormeasco di Pornassio, della Valtellina, dell’Etna etc. etc.); le ventilazioni in alta quota risultano determinanti per un’ottima pulizia della vigna, consentendo spesso produzioni salubri a bassissimo impatto ambientale.
Si ricordi che a determinate altitudini non arriva la fillossera, permettendoci coltivazioni a piede franco, preziosissime per la salvaguardia della biodiversità, di vini e vitigni che avremmo perduto; preziose per il culto della memoria di antiche fatiche; preziose per emozioni olfattive altrimenti non riproducibili. Non si dimentichi l’impatto commovente che il vino della montagna apporta al paesaggio: i terrazzamenti della Valtellina, delle Cinque Terre ci fanno vivere sulla carne le sofferenze dell’uomo, che strappa terra con le unghie ad un’entità che sa essere Madre, ma spesso è matrigna. Si tenga sempre presente l’esuberante numero di vitigni, che trova il suo motivo di essere solo in montagna: sulle impervie terrazze della Costiera Amalfitana, a picco si ergono vigneti fin sopra i 700 metri s.l.m., con pendenze oltre il 60%, Biancazita, Pepella, Ginestra, Fenile, Ripoli, Tintore (…e tanti altri) le splendide cultivar curate da un manipolo di produttori forse più folli che testardi.
Produzioni praticamente sconosciute sulle pendici delle Madonie, a Valledolmo – siamo nel palermitano a 1000 metri s.l.m. – ci estasiano con un Catarratto elegantissimo, dagli inconfondibili toni proustiani di cipria delle mamme anni ‘50. Tutto questo andrebbe comunicato meglio: il terreno di gioco dei competitor del vino non si limita più a Italia/Francia, ma comprende tutta l’Europa, il Mondo Nuovo e il Mondo Nuovissimo; peccato imperdonabile non riconoscere tanta fatica e tanta abnegazione, che potrebbero trasformarsi anche in un fenomenale volano economico.
Compito dei Consorzi e delle Istituzioni preposte, certamente; fondamentale sarà sempre di più il ruolo di un consumatore, informato, consapevole, inserito nella vita e nel mondo eticamente. [/ihc-hide-content]
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