LISON-PRAMAGGIORE, DUE TERRITORI UNA DOC

Marzio Berrugi

Il primo riconoscimento a Doc lo ebbe Lison, pianeggiante frazione del comune di Portogruaro, per il suo Tocai. Era il 1971, mezzo secolo fa. L’anno successivo lo ebbe Pramaggiore per i suoi rossi Cabernet e Merlot: il 1974 vide l’unificazione della Doc in Lison-Pramaggiore, denominazione interregionale presente ancora oggi, seppur arricchita di altri vitigni a bacca bianca e rossa. Occupa un territorio che partendo dal mar Adriatico comprende la parte orientale della provincia di Venezia, storica cantina della Serenissima, e si espande verso nord in piccola parte delle province di Pordenone e Treviso. Terreno pianeggiante che solo andando a nord accenna a qualche piccolo morbido rilievo e costituito in buona parte da sedimenti alluvionali che tendono all’argilloso e che ingloba quasi in superficie concrezioni calcaree, il caranto, e strati sabbioso-argillosi.

Leggendo la definizione dei terreni sul disciplinare si rimane sorpresi dallo slalom fatto dal legislatore nell’escludere una moltitudine di terreni soggetti ad allagamenti, canali drenanti, rogge, paludi, risorgive – in veneto resultive – che caratterizzano la zona peraltro ricca di minerali in primis potassio. I fiumi Livenza ad ovest e Tagliamento ad est ne racchiudono i confini. Il clima è temperato, vista la vicinanza dell’Adriatico, con buona escursione diurna e ventilazione secca e rinfrescante della bora che si alterna a quella umidiccia dello scirocco consentendo ai vini un’onesta acidità.

Il Sommelier Magazine LISON-PRAMAGGIORE, DUE TERRITORI UNA DOC

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Tra i bianchi molte etichette monovitigno: dal Pinot Grigio al Verduzzo anche passito, al
Sauvignon allo Chardonnay, questi ultimi due con grado alcolico ed acidità un poco più alti, ma colpiscono i 18gr minimo di estratto secco comune a quasi tutti i bianchi. È conseguenza naturale del particolare pedoclima-pianura, argille, caranto e sostanziale mitezza del clima che garantisce buon spessore e sapidità netta alla beva. Il bianco base è soprattutto Tai che ormai è accettato essere sauvignonasse, di lontani natali bordolesi e che tanti equivoci ha generato in enologia, specialmente in Cile dove viveva sotto le mentite spoglie del Sauvignon Blanc.

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Ma particolare menzione merita il Refosco dal Peduncolo Rosso che qui ha forse una delle sue più alte e piene espressioni: vellutato, avvolgente, sapido con i suoi 26 gr minimo di estratto per la riserva eppur fresco, purpureo in gioventù, con frutti rossi e buona presenza di sottobosco, splendido dopo tre o quattro anni se hai nel piatto capriolo o lepre (che vanno saputi cuocere) magari chiudendo con un Montasio stagionato. In sostanza una buona Doc con proposte assai articolate, sia per i bianchi sia per i rossi, che per almeno una trentina di anni ha funzionato validamente prima di essere mortificata da scelte regionali e decisioni internazionali che hanno coinvolto il territorio. [/ihc-hide-content]