PROSECCO, CHE NUMERI!

Ugo Baldassarre

Senza ombra di dubbio, tra tutte le doc interregionali il Prosecco Doc merita un posto a sé, sia per incidenza nel panorama generale, sia per importanza strategica ed economica.
I suoi numeri disegnano una curva iperbolica. Anche quando gli altri mercati danno segni di stanchezza la sua crescita non si arresta, neppure in un anno così particolare, come quello che volge al termine. Nel 2020, infatti, la produzione si attesta su 3,9 milioni di ettolitri e l’imbottigliato, calcolato – dati forniti dal Consorzio Prosecco Doc – sulla proiezione dei dati dei primi 10 mesi, vede ancora una crescita dello 0,3% rispetto al 2019 che, a sua volta, aveva già marcato un incremento di quasi il 5% rispetto al 2018. La produzione attuale è di circa 401,3 mln di bottiglie ma il numero, a fine anno – sulla base di una stima attendibile che tiene presente anche circa 13 milioni di bottiglie di Prosecco Spumante Rosé da produrre nei prossimi due mesi – dovrebbe attestarsi anche oltre i 500 mln di bottiglie.

Per il prossimo 2021, considerata l’ulteriore spinta rappresentata proprio dallo Spumante Rosé, è facile stimare un ulteriore sensibile aumento di produzione. Il fatturato 2019 è di 2,4mld di euro, la forza lavoro è quella che ruota intorno a 11.460 viticoltori, 1.192 aziende vitivinicole, 347 case spumantistiche. Provate allora ad immaginare quali altri numeri, anche fuori dall’Italia, possano essere alimentati dalla commercializzazione di un vino che può vantare il 77,8% delle vendite nell’export. A proposito di export: il consumatore di Prosecco parla inglese. Infatti i primi due mercati esteri, nell’ordine, sono il Regno Unito, con circa il 27,1% dell’export, seguito dagli USA, col 23,3%. Seguono Germania, Francia, Svezia, Belgio, Svizzera, Austria, Polonia e Canada.

Il primo Disciplinare della Doc Prosecco, relativamente recente, risale al 2009. Da allora si sono succedute diverse modifiche: l’ultima, quella del 31 luglio di quest’anno, si è resa necessaria per regolamentare il neonato Prosecco Spumante Rosé. L’area vitata, vastissima, di gran lunga la più estesa dell’intero stivale, può contare su quasi 25mila ettari, distribuiti tra Friuli, per circa 5mila ettari, e, per i restanti 20mila tra le cinque province venete di Treviso, Vicenza, Belluno, Venezia e Padova. Il disciplinare sancisce una resa massima di 180 quintali/ha per i vitigni a bacca bianca delle tipologie Prosecco, Prosecco spumante e Prosecco frizzante, la cui base ampelografica vede trionfare il vigoroso e produttivo vitigno Glera, con eventuale saldo di altre uve, da sole o congiuntamente, nel limite massimo del 15%.

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Considerata la resa massima consentita in uva/vino, pari al 75%, dai vigneti delle cultivar a bacca bianca si possono ottenere massimo 135 ettolitri di vino per ettaro, non più di 101,25 hl invece per il Pinot Nero. La versione spumante rosé prevede Glera tra l’85 e il 90%, mentre il Pinot Nero, avendo il compito di “colorare”, va vinificato in rosso, tra un minimo del 10% e un massimo del 15% dell’assemblaggio. Conseguenza: tinta rosa tenue delicata, un colore particolarmente accattivante per tutti gli amanti delle bollicine.

 

Stefano Zanette ci racconta alcune attività del Consorzio di Tutela del Prosecco Doc, di cui è Presidente dal luglio del 2012: “L’importanza del Prosecco DOC Rosè è emersa prima ancora che il nuovo nato entrasse nel mercato: la produzione dei primi 7milioni di bottiglie confezionati a ottobre erano già stati accaparrati dal mercato, italiano e straniero. Diventato utile spunto per un mercato domestico in sofferenza per le note ragioni sanitarie che hanno portato a chiusure nel settore Horeca, il Prosecco Doc Rosè ha dato nuova linfa al mondo delle bollicine e costituirà indubbiamente un traino per tutto il nobile mondo dei rosati italiani, che potrebbe ora decollare sull’impulso del successo di un brand forte come il nostro. Le stime? Arriveremo a 15/20 milioni di bottiglie in questo primo anno e, se tutto andrà bene, a 50 milioni circa per il 2021.

La tutela del nome occupa grandi risorse del Consorzio, sia in termini di tempo che di denaro. Non si contano i tentativi di imitazione con l’abuso e la storpiatura del termine Prosecco sia nei vini che in una infinita gamma di prodotti non vinosi, cosa che avviene in tutto il mondo, e che quotidianamente contrastiamo attraverso l’intensa attività dei nostri uffici legali, e grazie alla collaborazione di enti quali ICQRF, Mipaaf, Europol, Interpol, Agenzia Internazionale delle dogane e molti altri.

Nessun effetto Brexit per ora, ma già in tempi non sospetti ci eravamo adoperati per prevenirne eventuali conseguenze avviando politiche di governance tese a mantenere in equilibrio domanda e offerta attraverso strumenti quali lo stoccaggio preventivo e l’intensificazione della promozione in diversi mercati emergenti. Troppo rischiosa la nostra posizione che vedeva la quota export, pari a circa l’80% dell’intera produzione, concentrata prevalentemente (quasi due terzi) in tre mercati, due dei quali rivelatisi potenzialmente pericolosi come l’UK per la Brexit e gli USA per i possibili dazi paventati da Trump.

Siamo un sistema che vanta tre Consorzi per la tutela del Prosecco: una Doc e due Docg, l’Asolo e la Conegliano Valdobbiadene. Il successo di questi ultimi anni parla da solo, ma se riuscissimo a rafforzare l’elemento coesivo in modo da presentarci sempre uniti come unica squadra capace di valorizzare differenze e peculiarità di ciascuna area, i risultati potrebbero essere ancora più lusinghieri”. [/ihc-hide-content]