BELLEZZA QUALE LUOGO DI SALVEZZA: IL PAESAGGIO VITIVINICOLO

Antonio Mazzitelli

“… il Sublime s’accompagna sempre a un senso di smarrimento, e prevale su ciò che è solo convincente o grazioso… poiché esso, conferendo al discorso un potere e una forza invincibile, sovrasta chiunque” (“Del Sublime”, cap. 1).

Il meraviglioso “Trattato del Sublime” (non attribuibile, né databile, ma non posteriore al I sec. d.C.), capolavoro assoluto della Koiné greca, si riferisce alla letteratura e alla retorica; ma la sua profondità ben si adatta all’urgentissima brama di salvezza: il Sublime e la Bellezza ci salveranno, mediante la forza irrazionale del pàthos, capace di suscitare un’emozione estetico-affettiva così intensa, da riportarci violentemente alle esigenze essenziali al nostro vivere: niente orpelli, niente bisogni indotti, ma le occorrenze primarie alla crescita del nostro intelletto, soprattutto in tempi pericolosamente bui.
Bellezza è salvezza.

Bellezza si esprime in una miriade di forme: Bellezza come frutto della creatività umana (musica, letteratura, architettura etc.); Bellezza è Natura nella sua forza primordiale e primigenia, barbarica (cfr. Leopardi e le sue “Operette Morali”); Bellezza è Natura “civilizzata”, dove l’uomo riesce splendidamente a plasmare, per la propria sussistenza, senza sovrastare o violentare: Bellezza appartiene al campo semantico del femminino, come Pace e Armonia.

Di queste salvifiche espressioni fa parte a tutti gli effetti il paesaggio vitivinicolo. Esiste in quanto soggetto economico, certamente; ma laddove costituisce il punto armonico tra vigna, territorio, antropizzazione significa anche Salvezza. Non è un caso che i paesaggi vitivinicoli più belli incontrino fatalmente l’Arte.

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Le Langhe, ad es., costituiscono un volano produttivo, ma sono anche una categoria dell’anima: luogo selvaggio del mito della frontiera. Cesare Pavese le costruisce come cornice del ritorno al Mito primordiale (“Dialoghi con Leucò”); sono la rappresentazione plastica della propria inadeguatezza al vivere (“Il diavolo sulle colline”); ne “La Luna e i falò” la vigna è il rifugio ultimo, rappresenta la fine (lì viene bruciato il cadavere di Santa, sulle potature dei tralci) e il re-inizio, proustianamente inteso. Per Beppe Fenoglio il vigneto insanguinato rafforza la sensazione di essere “in the wrong sector of the right side” (da “Il partigiano Johnny”). Le Langhe costituiscono solo un esempio, per quanto eclatante, di quello che possiamo nominare “Vigneto Italia”, uno straordinario palinsesto di emozioni, di contraddizioni; fatto di sudore, lacrime e sangue, ma anche di riappropriazione identitaria, capace di stimolare la Natura, non di ucciderla.

A questo proposito, una lettura illuminante è “Vino al Vino” di Mario Soldati, un fascinoso viaggio attraverso il nostro vigneto, ove il cap. I (“Il vino come opera d’arte”) andrebbe “mandato a memoria”, come i versi di Dante. La sezione descrittiva del nostro splendido Sud è da manuale: il chietino, la Penisola Sorrentina e il delizioso Gragnano, i vigneti siciliani e sardi e tanto altro; qui non c’è solo il prodotto che “vuole essere scoperto e conosciuto in solitudine, o nella religiosa compagnia di pochi amici”, ma soprattutto s’incontra la Storia, che diviene frutto dell’equilibrio tra Natura e Cultura. Questo felice connubio può denominarsi altresì Bellezza, la quale, secondo il filosofo tedesco Schiller, stimola la “schöne Seele” (“anima bella”), che a sua volta chiama Arte, quindi Salvezza.

E proprio questo distingue la “vecchia” Europa dagli altri continenti: dal vigneto della Wachau austriaca emerge imponente l’abbazia di Melk e spicca delicato nel suo colore carta da zucchero lo Stift (Duomo) di Durnstein; la Mosella tedesca, da Treviri a Coblenza, è un susseguirsi di paesini incantevoli e vigne a picco mozzafiato sulle sponde, patria di filosofi quali Niccolò Cusano, Karl Marx, Marcus Steinweg; senza il vigneto borgognone non ammireremmo quel capolavoro del tardo-gotico dell’Hôtel-Dieu a Beaune.
Potremmo continuare all’infinito…

In tempi di “temperie e procelle” (cfr. T. Tasso), mai come oggi occorrono àncore di salvezza; occorre la Politica, dove si riveli “la più alta forma di Carità” (cfr. Papa Francesco); occorre la Scienza, dove si associ all’Umanesimo; occorre disperatamente la Bellezza. E noi italiani, noi europei ne siamo permeati profondamente, siamo immersi storicamente nella Bellezza; tra tanta Bellezza annoveriamo sicuramente il nostro paesaggio vitivinicolo. Salviamoci.
Potendo. Volendo. Salviamoci.

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