IL PAESAGGIO VITATO

INTERVISTA ALL’ARCHITETTO PAESAGGISTA
CHARLES-ANDRÉ MEYER

Giampaolo Zuliani

Un paesaggio che sorprende per bellezza e storia è racchiuso in una vallata alpina svizzera, il Vallese, che cattura il visitatore-enofilo anche per la qualità dei vini prodotti in quel territorio. L’architetto Charles-André Meyer è un appassionato e attento conoscitore di quei luoghi che si è reso disponibile a rispondere ad alcune domande riguardo il paesaggio del Vallese.

 

Può descrivere a grandi linee il paesaggio del Vallese?
Vorrei descrivere in modo particolare il centro del Vallese escludendo le valli laterali perpendicolari al corso del fiume Rodano. In particolare vorrei restringere il campo di descrizione escludendo quelle due aree che, seppur appartengono al Vallese, risultano diverse dalla matrice centrale: l’alta valle chiamata Goms (Conches in francese) che, seppur molto bella, presenta un paesaggio montagnoso di media altitudine; la parte della valle inferiore che da Martigny, seguendo un percorso molto stretto, va verso il lago Lemano (lago di Ginevra) ampliandosi nella pianura vicino a Chablais. La valle centrale del Vallese viene così a comporsi da tre aree distinte e caratteristiche: una pianura alpina, due fianchi, uno esposto a Nord (il reverso) e l’altro a Sud (il pendio) e una corona di montagne nella parte più alta. La pianura, dove scorre il Rodano, è fortemente urbanizzata. Negli ultimi anni c’era il rischio concreto di una proliferazione urbana che portasse la pianura del Vallesse a divenire un completo agglomerato urbano senza soluzione di continuità. Per questo motivo sono state applicate delle restrizioni per contenere lo sviluppo con una gestione integrata dell’ambiente urbano con il fine di garantire una pianificazione territoriale sostenibile. La porzione inferiore del pendio esposto a Sud è quasi completamente ricoperta da vigneti, mentre il versante esposto a Nord ha una presenza inferiore di vigneti. L’insieme dei due versanti dà comunque un’impressione generale di un vasto territorio interamente vitato che si attesta su circa 5000 ettari (che sono circa la metà della superficie vitata del Chianti classico). Sopra i vigneti c’è l’area intermedia con le foreste, alternate dai pascoli e dalle baite (chalets). Infine, nelle parti in alto ci sono le montagne alpine con le stazioni sciistiche.

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Quali sono gli elementi, naturali e artificiali, che compongono il paesaggio vitato?
Innanzitutto è fondamentale dire che il paesaggio vitato è una realtà artificiale. All’interno di esso permangono elementi naturali come i boschetti, le barriere di roccia, ma l’insieme complessivo restituisce un’immagine di paesaggio costruito. Parlare di paesaggio costruito è un ossimoro poiché il termine paesaggio fa riferimento alla natura intatta, mentre il termine “costruito” talvolta significa entrare con forza nella natura. Nel Vallese la costruzione del paesaggio si è formata a poco a poco dalle parcelle (parchets) vitate nelle terrazze delimitate dai muretti a secco. La funzione dei muretti a secco era stata concepita per creare delle terrazze intermedie vista la forte pendenza del declivio. All’interno di queste parcelle sono state costruite numerose garitte che rappresentano nella terminologia locale delle piccole casette (senza possibilità di abitazione) utilizzate per il ricovero degli attrezzi. Alcune di esse sono veramente belle e declamano una certa agiatezza del proprietario, altre sono più povere. La presenza delle garitte definisce fortemente il paesaggio che senza di esse apparirebbe privo di punti di riferimento e di struttura. Tutti questi elementi, terrazze, muretti a secco, garitte, le bisses (canale) per l’irrigazione, viottoli e sentieri hanno marcato il paesaggio della regione in un mosaico assai definito, in parte sottolineando le curve di livello, dove l’inserimento del vigneto è stato rispettoso del declivio, mentre in altre parcelle, per motivi economici, il declivio è stato completamente stravolto. L’insieme complessivo comunque ci restituisce una completa armonia attraverso un segno forte sul paesaggio che testimonia l’immenso lavoro dell’uomo attraverso i secoli.

Quali sono le azioni e gli strumenti per conservare e valorizzare il paesaggio?
Il Museo Vallese del Vino fa uno lavoro molto importante attraverso la direzione di Anne-Do Zufferey per valorizzare la conoscenza del mondo del vino e della viticoltura. Lo stesso museo ha progettato un sentiero didattico molto bello ed interessante fra Sierre e Salgesch. Questi progetti testimoniano una grande attenzione alla valorizzazione del paesaggio viticolo. Quest’anno il museo ha preparato una mostra intitolata “Vigne et Nature” che purtroppo ha dovuto chiudere a causa del coronavirus. Oggi possiamo affermare che la conservazione del paesaggio vitato è garantita anche attraverso la pianificazione territoriale dove si stabilisce la definizione di «area agricola protetta». All’interno di questa area è impedita la costruzione selvaggia. Un ulteriore strumento di valorizzazione del territorio, che non è stato purtroppo completato, è l’iscrizione al
patrimonio dell’Unesco, perché siamo arrivati troppo tardi, dopo il Cantone Vaud, dove il “vignoble de Lavaux” è inscritto come “muri a secco” (2007).

 

[su_box title=”Chi è Taddé alias Charles-Andé Meyer?” style=”noise” box_color=”#5e0230″ title_color=”#fff”] Nato 1943, a Sion (Valais). Di formazione classica, ha conseguito al Politecnico di Zurigo la laurea in architettura nel 1970; la prima fase della sua vita professionale è caratterizzata da numerose pratiche e viaggi di studio in Svizzera, Scozia e Stati Uniti. Successivamente completa ulteriormente la formazione in pianificazione territoriale. Numerosi sono gli studi e le realizzazioni sul patrimonio architettonico: fonda uno studio indipendente dal 1973 al 1988, poi prosegue l’attività professionale come architetto della città di Sion, fino al 2005. Collabora intensamente con il Museo Vallese del Vino per due opere: Guérites, ces cabanes dans les vignes, 2007 e Murs de pierres murs de vignes, 2012.[/su_box]

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