Antonio Mazzitelli
“Dioniso fu un giorno ospitato da Eneo (Oineùs) e si innamorò della moglie Altea. Quando Eneo se ne accorse, uscì volontariamente dalla città con un pretesto. Dioniso giacque con Altea, con la quale generò Deianira; a Eneo poi, in cambio della sua generosa ospitalità, donò la vite e gli insegnò il modo di piantarla, stabilendo che il suo prodotto, dal nome dell’ospite, si chiamasse Oinos”. (Igino, Miti, 129)
Uno dei moltissimi miti sulla nascita del vino (di origine tessalica) è ben anteriore alla comparsa nel Pantheon greco dello stesso Dioniso. Addirittura risale al III millennio a.C. (ambito sumerico) il poema fondativo della cultura occidentale: l’Epopea di Gilgamesh, dove si tratteggia la figura di Siduri “la fanciulla che fa il vino”, depositaria di una conoscenza (di “pensiero” e di “parola”, quindi lògos), che permette ai mortali, magari solo attraverso il fugace, montaliano “varco”, un collegamento con l’Oltre. La bevanda “spirituale” che Siduri somministra a Gilgamesh non è affatto “naturale”, ma assolutamente “culturale”, spartiacque tra il mondo selvatico (vitis labrusca e uve raccolte da terra) e la civiltà (vitis vinifera e vite addomesticata).
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