Matilde Poggi pasionaria dei vitigni autoctoni italiani

Il Sommelier Magazine Matilde Poggi pasionaria dei vitigni autoctoni italiani

Matilde Poggi vignaiola veneta, è proprietaria dell’azienda agricola biologica “Le Fraghe”  a Cavaion Veronese, situata  in un territorio affascinante compreso tra il fiume Adige e il lago di Garda, nel cuore della produzione del Bardolino DOC. Donna dinamica, intraprendente, appassionata del suo lavoro, è presidente FIVI, Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, che conta quasi 1300 produttori di tutta Italia, che seguono in proprio tutta la filiera produttiva dalla coltivazione della vigna, alla produzione dei loro vini, all’imbottigliamento e alla vendita. FIVI è un’importante associazione, presente alla Camera e al Senato ed è punto di riferimento del Mipaaf. Matilde, donna molto influente, è anche vicepresidente CEVI, Confederazione Europea Vignaioli Indipendenti, dove, portando le istanze dei vignaioli italiani, fa sentire la sua voce in modo incisivo a livello europeo. La signora del Bardolino, nel 1984 con la prima vendemmia inizia un nuovo percorso nell’azienda storica di famiglia abbandonando il conferimento delle uve e vinificando in proprio, producendo vini di sempre maggiore personalità, ottenuti da vitigni autoctoni, Corvina, Rondinella e Garganega, che sono espressione autentica del territorio di provenienza. Pasionaria dei vitigni autoctoni italiani, è impegnata da sempre nella valorizzazione dell’immenso patrimonio vitivinicolo nazionale, che ci differenzia dagli altri paesi produttori. I suoi vini ottenuti da varietà tipiche di uno specifico e favorevole terroir sono caratterizzati da una piacevole leggerezza e grande bevibilità, peculiarità queste riferibili allo stile di un’azienda, che è continuamente impegnata alla ricerca della qualità e dell’autenticità di un prodotto, pensato per poterlo abbinare ai piatti di ogni giorno .A tal proposito ricordiamo “Il Bardolino Le Fraghe”, fruttato e speziato, gustoso e fine ,”Il Bardolino Chiaretto Ròndon “floreale e sapido, di piacevole beva, la Garganega” Camporengo” , avvolgente al palato di buona persistenza.

 

L’emergenza Corona Virus quale cambiamento ha portato nella sua vita e nella sua azienda?

In tempi normali mi muovo molto per lavoro, dividendomi tra vigna, cantina e visite ai clienti. Seguo in prima persona sia il mercato Italia che estero, quindi viaggio abbastanza. Ora sono ferma in azienda, dove ho anche la fortuna di abitare. I ritmi sono adesso diversi. I primi giorni di lockdown mi sembrava di avere anche un sacco di tempo libero, poi, piano piano le ore si sono riempite e il tempo libero è tornato ad essere un miraggio. Ho la grande fortuna, dopo 10 anni che era fuori casa, di avere nuovamente qui una delle mie figlie. Lavora da qui e anche questo comporta altri ritmi e mi godo la sua presenza. In azienda l’unica cosa che è cambiata è che il punto vendita è chiuso e questo, soprattutto in questo periodo dell’anno è per noi una grande mancanza perché godiamo molto dei flussi turistici sul lago di Garda. I lavori in vigna e in cantina continuano come sempre. Le temperature elevate di questi ultimi giorni hanno fatto aprire le gemme in tutte le varietà ed ora comincia un momento cruciale per mettere le basi della futura vendemmia. Abbiamo mantenuto i programmi sugli imbottigliamenti, confidando che la ripresa non sia troppo lontana. Io produco principalmente vini d’annata e questo è il momento giusto per pensare al loro imbottigliamento.

 

Il settore vitivinicolo, a causa di questa grave situazione globale, come potrà sopravvivere alla crisi economica che ne deriva? E quale futuro si prospetta?

La capacità di reagire dipende da quanto a lungo sarà il lockdowm da noi e nei principali mercati di sbocco per i nostri vini. I vignaioli hanno imparato dalla

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natura che le condizioni estreme, più difficili, danno sempre i risultati qualitativi maggiori. Questa crisi ci porterà ad uno sforzo maggiore verso una grande qualità. Il vino anche adesso continua ad essere acquistato e consumato, esploreremo nuovi canali di vendita e sono sicura che il “dopo” ci porterà a nuovi sistemi di distribuzione. Anche se non ho ancora ben chiaro come potrebbe essere, immagino che molte cose saranno diverse e non si tornerà a come si viveva prima.

 

Sono sufficienti i provvedimenti messi in atto dal Governo per aiutare le aziende vitivinicole a ripartire al tempo del Corona Virus?

Il problema maggiore è la liquidità e la tempistica dei provvedimenti che si adotteranno. Occorre fare presto. Manca ancora il decreto attuativo per quanto riguarda i finanziamenti, quindi per poter rispondere occorre valutare cosa verrà deciso. Da quanto si è potuto leggere, non è pensabile che i finanziamenti siano a 6 anni. Il nostro è un settore che ha investimenti a lungo termine; pensiamo solo alla vigna, il tempo che richiede per dare i primi frutti e alla lunghezza della sua vita! Pensare a finanziamenti speciali, per un’emergenza così importante, a breve termine non è fattibile. Credo che vadano previsti finanziamenti con rimborso in 15 anni.  E’ stata richiesta la distillazione di crisi ed una misura di vendemmia verde, entrambe su base volontaria. Penso che occorrerebbe mettere in campo anche la misura dello stoccaggio privato, soprattutto per i vini ad alto valore aggiunto; il vignaiolo dovrà posticipare le vendite dei suoi vini al momento della ripresa. Bene che il Governo abbia decretato lo slittamento della rendicontazione delle misure OCM e PRS, ma occorre anche che si proroghino le date di scadenza dei diritti di reimpianto; alcune aziende sono in difficoltà a mantenere i programmi di reimpianto che avevano deciso.

 

Per quanto riguarda il mercato italiano, considerato che il canale HORECA è bloccato, molte aziende hanno attuato la vendita diretta e il delivery. E’ una buona strategia per far fronte alle mancate vendite?

E’ una strategia che permette di tenere il filo diretto con i consumatori e questo per noi, piccole aziende, rappresenta sempre una fetta di mercato importante. Chiaramente non può sostituire il mercato horeca ma contribuisce ad avere un, seppur piccolo, flusso di entrate. In questi giorni ho visto che molti ristoranti stanno riaprendo organizzandosi con il delivery e, oltre ai loro piatti, propongono anche il vino. E’ una testimonianza di come ognuno cerchi di reagire senza aspettare ulteriormente.

 

Gli esperti confermano che esiste una correlazione tra il cambiamento nella biodiversità, i cambiamenti climatici, la distruzione degli ambienti naturali e la diffusione di epidemie. Cosa si può fare per costruire un futuro migliore più ecologista?

La nostra Terra si sta ribellando e i segnali ora sono davvero preoccupanti. L’impegno per un futuro migliore deve essere un pensiero quotidiano di ognuno di noi. Quando dico quotidiano immagino che, se davvero ognuno di noi facesse quello che è in suo potere, ogni giorno, si potrebbero ottenere dei risultati prima che sia troppo tardi. Per quanto riguarda noi contadini, credo che la nostra sia una responsabilità importantissima. Siamo noi che ci occupiamo della coltivazione della terra, noi governiamo il suolo. Impariamo ad essere più rispettosi: non solo coltivando con metodi meno impattanti, ma anche coltivando i nostri suoli nel totale rispetto di ciò che già esiste. Questa deve essere la nostra coscienza e non va fatto attendendo di essere obbligati da nuove normative. A volte si vedono interventi di livellamento e sistemazione di terreno troppo invasivi e impattanti per far posto a nuove vigne. Mettiamoci noi al servizio e non pretendiamo di governare la Natura. Certo anche i Governi devono fare la loro parte e non mettere sempre queste tematiche in secondo piano.