Intervista a Marilena Barbera, vignaiola volitiva e determinata

Il Sommelier Magazine Intervista a Marilena Barbera, vignaiola volitiva e determinata

Marilena Barbera, vignaiola indipendente, è proprietaria dell’azienda agricola biologica “Cantine Barbera” a Menfi, piccolo paese sulla costa sud occidentale della Sicilia, in provincia di Agrigento. Terra straordinaria baciata dal sole e accarezzata da una fresca brezza mediterranea che si insinua tra le vigne, sulle quali rilascia il sale che porta con sé dal mare. A ridosso delle bianche spiagge si estendono alcuni vigneti, davanti e dietro la cantina e poi altri verso la foce del fiume Belice. E ’una piccola realtà artigianale di 15 ettari, fondata nel 2001, condotta con passione e competenza da una donna volitiva, determinata e dinamica, che ha voluto continuare il sogno del padre per fare il vino in questo territorio storicamente vocato alla viticoltura, impegnandosi a far crescere e a valorizzare la DOC Menfi, istituita nel 1995. Marilena, rispettosa dell’ambiente e della biodiversità, con l’aiuto della madre e di un team di collaboratori, pratica l’agricoltura biologica con interventi minimali sia in vigna, non utilizzando erbicidi e fertilizzanti chimici, che in cantina lavorando con fermentazioni spontanee, con il preciso obiettivo di produrre vini di qualità, autentici, espressione vera del territorio da cui provengono. Vengono coltivate diverse varietà autoctone di uve: Catarratto, Inzolia, Zibibbo, Grillo a bacca bianca e Alicante, Perricone, Nero D’Avola a bacca rossa, oltre a Cabernet Sauvignon, Merlot, Petit Verdot e Chardonnay vitigni internazionali, che danno vita a 14 tipologie per una produzione annua di 50mila bottiglie. L’intento dell’intraprendente imprenditrice è quello di produrre vini  eleganti, di facile beva, facilmente abbinabili al cibo.“La Bambina” vino rosato da uve Nero D’Avola è l’ultimo esperimento delle Cantine Barbera che si è rivelato un successo, apprezzato dai consumatori per le sue piacevolissime caratteristiche visive, olfattive e gustative, di grande carattere e nello stesso tempo gentile, rappresentativo dell’interessante terroir di Menfi e dell’anima profonda della vignaiola, che lo ha voluto dedicare “alle donne, alla loro forza, alla loro capacità di lottare per ciò in cui credono senza lasciarsi spaventare dalle difficoltà”.

Come sta vivendo nella sua azienda l’emergenza Corona Virus, nella bellissima terra di Sicilia?
Per prima cosa rispettando le regole, per proteggere la salute dei miei collaboratori. Siamo molto fortunati, perché vivendo in campagna, a due passi dal mare, il lockdown è stato per noi meno faticoso rispetto a quello vissuto dai milioni di persone costrette a rinchiudersi in appartamento. Poi, focalizzandomi sullo sviluppo di alcune strategie commerciali e di promozione per stimolare le vendite sul canale online, che utilizzo già con discreto successo da almeno 6 anni. Infine, e questa è l’attività più importante, avviando un’attività di rete con centinaia di vignaioli italiani per elaborare proposte concrete, efficaci e immediatamente attuabili per fronteggiare la drammatica crisi che negli ultimi mesi sta minando la stessa sopravvivenza delle piccole aziende vinicole artigianali italiane. Una rete che si riconosce e si coagula intorno al tag #ilvinononsiferma, che lavora freneticamente su temi quali la distillazione, la liquidità, il lavoro e l’accordo di filiera con il mondo della distribuzione. Abbiamo elaborato una lettera aperta e un memorandum per il Governo italiano e per le Istituzioni europee, per portare la voce dei vignaioli sui tavoli dove devono essere prese, in queste settimane, decisioni drammatiche.

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Il lockdown ha avuto un impatto devastante nel settore turistico, nella ristorazione e nell’industria del vino, provocando una grave crisi economica. Quale futuro si prospetta e quali, secondo lei, saranno le migliori soluzioni per fronteggiare questa difficile situazione?
Il futuro? Dipenderà in primo luogo da come sarà gestito l’aspetto sanitario della pandemia. Se saranno disponibili a breve cure efficaci in grado di ridurre la letalità del virus, e ovviamente se sarà elaborato un vaccino che possa evitare di farci ammalare. Nella migliore delle ipotesi, se cure e vaccino saranno disponibili ed efficaci entro la fine del 2021, la devastazione potrebbe allentarsi e nel giro di un paio d’anni potremmo essere in grado di ritornare a livelli di redditività simili a quelli degli anni passati. Altrimenti non è possibile ipotizzare le conseguenze economiche a livello globale. E davvero, non ci voglio nemmeno pensare. In ogni caso, alcuni cambiamenti strutturali del sistema vino sono già iniziati: le persone possono spostarsi molto meno e meno liberamente che in passato, sia all’interno del territorio nazionale che all’estero, il che significa che non solo le occasioni di consumo fuori casa sono diminuite, ma anche che i flussi turistici che garantivano una parte del consumo del vino in Italia saranno molto ridotti. Sono cambiati anche gli stili di consumo: il vino è prodotto conviviale per eccellenza, e la sua percezione verrà stravolta ora che il distanziamento sociale è diventato una priorità. In ultimo, la crisi economica non solo nazionale ridurrà drasticamente il budget delle famiglie, e il segmento dei vini di qualità ne sarà irrimediabilmente colpito. Di fronte a questo genere di cambiamenti, molti dei quali saranno strutturali, le opzioni che ci restano non sono molte. Personalmente, preferisco focalizzarmi sulle poche opportunità cercando di interpretarle nel miglior modo possibile. Occorre prestare una grandissima attenzione alle aspettative del cliente in termini non solo di qualità del prodotto, ma soprattutto di qualità del servizio.Ottimizzare i costi, limitare gli sprechi: una gamma ampia e ben articolata, pensata per la sostanza e non per l’apparenza: bottiglie più leggere, tappi alternativi al sughero, e perché no, bag-in-box pensati per il consumo domestico, che limitano gli sprechi di prodotto e riducono l’impatto dei materiali da smaltire. Differenziare i canali di vendita: garantire l’offerta attraverso canali multipli, magari abbandonando le vecchie logiche che relegano la vendita del vino di qualità al dettaglio specializzato, aprendone la vendita nelle grandi superfici.  Ovviamente, e parallelamente, questo potrà realizzarsi solo se la GDO abbandonerà la logica delle piattaforme di acquisto dove è centrale la massiccia fornitura di vini “commerciali” e si aprirà alla selezione di vini più particolari e di nicchia, introducendo nei punti vendita personale altamente qualificato a supporto delle vendite. Allo stesso tempo, utilizzare bene il canale diretto per raggiungere il cliente al proprio domicilio, ricordandosi che anche la vendita online ha delle regole ben precise e deve essere ben pianificata e costruita, perché non basta aprire un e-commerce sul sito per vendere il vino.

Come cambierà il mercato del vino italiano nel mondo?
Anche in questo caso, i cambiamenti sono già in atto. L’accesso fisico ai mercati di destinazione è al momento bloccato: non ci sono i voli, le frontiere sono chiuse alle persone. I viaggi commerciali e promozionali che caratterizzano la vita del produttore di vino non potranno riprendere chissà per quanto tempo. Nel breve periodo, sarà utile capitalizzare il valore dei clienti già acquisiti, avendo in mente che anche loro si trovano nella difficoltà di cambiare il proprio catalogo, e hanno quindi bisogno di ricevere tutto il supporto possibile da parte dei produttori che già rappresentano, per continuare a rendere i loro vini attraenti per i loro clienti. Un supporto che può essere a distanza, tramite le videoconferenze, il materiale informativo, la produzione di contenuti utili alle vendite. Sul medio periodo sono sinceramente più ottimista. Nessun altro paese al mondo, tranne forse la Cina, ha effettuato un lockdown altrettanto insensato del nostro. Penso a cosa accade negli Stati Uniti, che è il paese che conosco meglio: nella maggior parte degli Stati hanno limitato la ristorazione diretta all’outdoor dining (negli USA, tranne nelle metropoli, non ci sono problemi di spazio) e al curbside picking, ma le attività di ristorazione non sono mai state costrette a chiudere. Inoltre, è stato immediatamente modificato il rigido sistema di licenze on premise – off premise, permettendo ai ristoranti di vendere vino all’asporto. La crisi c’è anche lì, ovviamente, ma la maggiore flessibilità del mondo del lavoro garantirà un rientro della disoccupazione molto più rapido che da noi. Proprio questa maggiore flessibilità e disponibilità a cambiare le regole per rispondere con tempismo alle crisi mi fa essere ancora più ottimista sul lungo periodo: gli americani hanno ormai visto che alcune regole che derivano dal periodo del proibizionismo sono superate e premeranno per una modifica della regolamentazione del sistema, con effetti sicuramente espansivi per il settore.

Quale importanza assumerà il mondo digitale, i social e i blog nel futuro del vino?
La risposta a questa domanda è scontata: l’importanza di questi strumenti è assoluta, e sinceramente, dubito che chi non ha ancora colto le opportunità del mondo digitale negli ultimi dieci anni riuscirà mai a mettersi al passo con una evoluzione che continua ad accelerare. Quindi, mi chiederei piuttosto come rendere social e blog ancora più rispondenti ai bisogni delle persone o come rivitalizzarne altri che sono stati utilizzati meno da quando i social network hanno assunto l’importanza che vediamo oggi, e cosa sviluppare nel mondo digitale per garantire servizi ancora più efficienti e che creino valore per le persone. In questo periodo sto riflettendo, ad esempio, sullo strumento newsletter, che ho sempre usato con un discreto successo, ma che secondo me non ha ancora espresso tutto il suo potenziale.

Le attuali misure del Governo sono sufficienti per aiutare le aziende in difficoltà a ripartire al tempo del Corona Virus?
No, e senza mezzi termini. Non perché 400 miliardi di euro (oltre agli spiccioli) siano pochi soldi, ma perché alle aziende non è stato ancora garantito l’accesso pieno e rapido alle misure promesse. La burocrazia è un cancro, e noi di questo cancro moriremo, per la nostra cecità di fronte all’evidenza che salvaguardare i meccanismi di un sistema agonizzante invece di salvare chi produce reddito per il Paese ci porterà al default.

In questa crisi globale, gli italiani riscopriranno il nostro Paese?
Non potranno, e fra qualche mese non avranno nemmeno più i soldi per farlo. Torneranno i turisti, per fortuna, speriamo il più presto possibile.