INTERVISTA AD ANTONIO CALÒ, PRESIDENTE AIVV

Enrico Zamboni

Cosa significa per lei essere Presidente dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino?
È anzitutto un grande onore perché l’Accademia ha una lunga tradizione. Istituita su proposta del Comitato Nazionale Vitivinicolo il 30 luglio 1949 è stata poi eretta in Ente morale con decreto del 25 luglio 1952 a firma dell’allora Presidente della Repubblica Einaudi. Tutt’oggi l’Accademia è sotto il diretto controllo del Ministero dei Beni Culturali.

Quali sono i contributi forniti dall’Accademia sotto la sua guida di cui va più fiero?
Difficile elencarli tutti, in quanto l’Accademia organizza diversi convegni annuali in cui si discute dei problemi della viticoltura, dell’enologia e del commercio vitivinicolo […]. Attualmente, stiamo lavorando per una corretta informazione sui vitigni cosiddetti “resistenti”, perché rappresentano una grande opportunità, ma siamo fermamente convinti che vadano impiegati con prudenza, perché rischiano di rovinare, mi passi il termine, quella che è l’immagine dei nostri vini, che noi abbiamo voluto chiamare “La Via Italiana al Vino”. Tutte queste e molte altre ancora le iniziative di cui vado fiero, per un semplice motivo: tutto quanto organizzato e portato avanti dall’Accademia concorre ad un’unica finalità, un fil rouge diretto a valorizzare il vino italiano.

L’Accademia sta portando avanti o sta pensando iniziative relative all’importanza del paesaggio?
Vorrei innanzitutto fare una premessa sul significato del termine “paesaggio”, perché viene spesso utilizzato come sinonimo di “territorio” o di “ambiente”. Al riguardo mi consenta di citare un lavoro di Bruno Andreolli del 2007 che lega a questi ultimi due termini un significato, rispettivamente, politico istituzionale ed ecologico mentre attribuisce al paesaggio un significato estetico, concernente l’ambito della percezione, che pertanto consente di estendere il concetto – e questo lo dico io – anche ai paesaggi della mente, inevitabilmente collegati anche al vino. Stiamo portando avanti una serie di iniziative che legano l’effetto di un paesaggio sulla produzione. Abbiamo anche una pubblicazione che dimostra la netta correlazione tra l’armonia, l’ordine, la bellezza del paesaggio, e la qualità del vino prodotto.

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Come si concilia in questo momento, secondo lei, l’isolamento con la bellezza che il paesaggio manifesta in tutta la sua esuberanza primaverile?
Con tanto dolore, non saprei usare altra espressione.

Tutta questa vicenda, con ogni probabilità, porterà le persone a rivedere la propria scala di priorità e rivalutare concetti come “essenziale”, “bellezza”, “piacere”. Il paesaggio vitivinicolo e il vino che ruolo occupano nella sua vita?
Direi che hanno rappresentato la mia vita. Consideri che la sede operativa dell’Accademia è ora a Conegliano, presso l’Istituto Sperimentale per la Viticoltura, che ho diretto per 31 anni. Capisce bene, quindi, quanto io possa ritenermi fortunato di aver dedicato la mia vita lavorativa e post lavorativa a qualcosa che amo. Nonostante il fatto che, fino a 20 anni, io sia stato astemio.

Intorno al paesaggio c’è sempre più attenzione: nel 2000 è stata data una definizione europea univoca, l’UNESCO annovera molti patrimoni legati al paesaggio ed ora anche alla viticoltura. Perché secondo lei?
Perché l’importanza del paesaggio come elemento di pensiero, dal mio punto di vista, è una cosa straordinaria. La vite rende il paesaggio un’espressione dell’opera e dell’intelligenza dell’uomo.

Non possiamo parlare di paesaggio, senza parlare di viticoltura eroica. L’Accademia ha, da anni, un gruppo di lavoro per la valorizzazione di questo settore. Cosa rappresenta per l’AIVV la viticoltura eroica?
È la massima espressione dell’intraprendenza e dell’amore dell’uomo, perché senza amore quelle cose non si fanno. Da anni l’Accademia ha un gruppo di lavoro con l’obiettivo di creare una carta viticola informatizzata della viticoltura di montagna, di costituirsi parte attiva nel riconoscimento istituzionale e nella valorizzazione dei prodotti.

[su_box title=”Che cosa è l’Accademia Italiana della Vite e del Vino” style=”noise” box_color=”#5e0230″ title_color=”#fff”] L’Accademia Italiana della Vite e del Vino venne costituita a Siena, su proposta del Comitato Nazionale Vitivinicolo, il 30 luglio 1949, con l’intento di dar vita ad un centro atto a promuovere il progresso vitivinicolo italiano. Il riconoscimento ufficiale è arrivato con D.P.R. Luigi Einaudi il 25 luglio del 1952 con il quale è stata eretta ad Ente Morale. L’Accademia è sottoposta al controllo dello Stato ed opera esclusivamente nel settore vitivinicolo con finalità scientifiche, culturali e promozionali. Costituisce quindi un originale esempio di “Accademia specializzata”, unica nel suo genere in campo internazionale. [/su_box]

[su_box title=”Chi è Antonio Calò?” style=”noise” box_color=”#5e0230″ title_color=”#fff”]
Attualmente Presidente dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino, è stato Direttore dell’Istituto Sperimentale per la Viticoltura dal 1975 al 2007, Direttore responsabile della “Rivista di Viticoltura e di Enologia”, Vice-Presidente della Società Italiana di Genetica Agraria; Presidente della Commissione Viticoltura dell’O.I.V., Presidente UNASA – Unione Accademie Scientifiche italiane in Agricoltura e Docente al Corso di laurea in Scienze e tecnologie viticole ed enologiche dell’Università degli studi di Padova, Sede di Conegliano. Autore di oltre 370 lavori, per la gran parte sperimentali, su argomenti di storia viticola, ampelografia, miglioramento genetico, ecologia, tecnica colturali e fisiologia viticola.[/su_box]

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