A cura di Augusto Gentilli
Fra le aree alpine che maggiormente hanno patito la riduzione – se non la quasi completa scomparsa dei vigneti – il territorio del Feltrino, nella parte bassa della provincia di Belluno, rappresenta uno dei casi più drammatici.
La vite e la montagna: un rapporto complesso, quasi di odio e amore, nel quale le potenzialità di territori in grado di produrre uve di altissima qualità si scontrano con le difficoltà climatiche e orografiche, quali l’impossibilità della meccanizzazione e il numero di ore di lavoro per ettaro difficilmente sostenibile in termini di prezzo finale sul mercato; a questi già gravi problemi vanno aggiunte le rese per ettaro spesso molto basse e le frequenti stagioni spesso climaticamente complesse. Ecco quindi che, soprattutto con il secondo dopo guerra, importanti aree vitivinicole alpine – basti pensare, a puro titolo di esempio, alla Val d’Aosta e alla Valtellina – hanno visto contrarsi fortemente le loro superfici vitate e solo recentemente stanno riuscendo a tornare a raccogliere i meritati successi.
La vitivinicoltura del Feltrino: antichi vitigni con le radici nella storia
Il passato
Area di ottima potenzialità vitivinicola, il Feltrino vede documentata la propria viticoltura almeno a partire dal 24 febbraio 1518 quando Gerolamo Borgasio chiese e ottenne, con 21 voti favorevoli e solo 13 contrari, che si approvassero gli statuti dei vignaioli dell’Aurin, un colle a pochi chilometri a ovest di Feltre. In questi statuti erano contenute regole sia tecniche (ad esempio era imposto che la vendemmia non avvenisse prima del giorno di San Michele, ovvero il 29 settembre) sia riguardanti i rapporti tra produttori e tra i produttori e gli altri lavoratori agricoli, ad esempio i boscaioli, che dovevano prestare attenzione a non danneggiare le vigne stesse (Archivio Comunale di Feltre, Volume 34).
In seguito, di viticoltura bellunese si occupò, nel 1632, anche Giovan Battista Barpo, decano del Capitolo della Cattedrale di Belluno, nella propria opera in tre libri dal titolo “Le delizie e i frutti dell’agricoltura e della villa” in modo particolare nel Trattato Quinto del Libro Secondo di quest’opera, intitolato “Delle uve, delle viti e dei recipienti per il vino”.
I vini feltrini, esportati oltralpe ancora nel corso del XIX secolo, videro iniziare il proprio tramonto con l’arrivo prima di oidio e peronospora e, in seguito, della fillossera, che incentivarono la diffusione degli ibridi produttori diretti quali clinto e bacò. Il colpo di grazia venne, però, dalla Grande Guerra e dall’emigrazione che sottrassero gli uomini alla coltivazione della vigne e, cosa altrettanto grave, cancellarono quasi completamente le tradizioni e gli antichi saperi legati alla coltivazione della vite e alla produzione di vini di qualità.
Il territorio e i vitigni
La viticoltura feltrina interessa le porzioni collinari e pedemontane della bassa Val Belluna a un’altitudine compresa fra i 300 e i 600 metri in modo particolare nei comuni di Arsiè, Fonzaso, Feltre, Seren del Grappa, Pedavena, Sovramonte, Lamon, Cesiomaggiore, San Gregorio nelle Alpi e Santa Giustina pur essendo presente anche in alcuni comuni sulla sponda sinistra del fiume Piave; i vigneti sono frequentemente situati su grandi conoidi generalmente non più attive. I suoli, sottili se non molto sottili, sono ricchi di scheletro grossolano di natura calcarea o calcareo – dolomitica. L’area vitata è attualmente limitata a circa 20 ettari oltre ad altri 20 che entreranno presto in produzione. Il clima è caratterizzato da rigide temperature invernali, da un significativo incremento delle stesse durante l’estate e da una piovosità che supera frequentemente i 1.000mm all’anno.
Il patrimonio ampelografico tradizionale del territorio conserva alcune antiche varietà quali la bianchetta trevigiana, la pavana, la turca e la trevisana nera; in anni recenti, a questi vitigni ne sono sono stati affiancati altri ad ampia diffusione quali, ad esempio, il manzoni bianco, lo chardonnay, il gewürztraminer, il merlot e il pinot nero.
Il presente e il futuro, ovvero il Consorzio Coste del Feltrino
Il futuro vitivinicolo di queste terre vede riposte molte delle proprie speranze nel Consorzio Coste del Feltrino, nato nel 2015 allo scopo di promuovere da un lato una viticoltura “sana”, non intensiva e pienamente sostenibile dal punto di vista paesaggistico ed ambientale e dall’altro offrire ad aziende agricole e privati un’opportunità di diversificazione e sviluppo delle proprie attività agricole all’interno dei Comuni in precedenza riportati. Il Consorzio conta oggi 11 aziende agricole aderenti e si è fornito di uno stringente disciplinare che, pur rimanendo nell’ambito del più generale Vigneti delle Dolomiti Igt, pone severi vincoli sulla varietà ammesse alla coltivazione da parte dei soci e sull’uso delle molecole di sintesi. Particolare rilevanza è rivestita dalla norma che obbliga i soci a valorizzare le varietà tradizionali riservando loro in vigna delle superfici minime garantite; inoltre, cito testualmente “Il Consorzio si riserva di introdurre gradualmente il divieto di utilizzo – per la coltivazione delle uve destinate alla produzione di vini contraddistinti dal proprio marchio – di principi attivi che, pur ammessi dalla legge e/o dai regolamenti in vigore, siano valutati dalla comunità scientifica gravemente pericolosi per la salute e/o per l’ambiente”. In quest’ottica assume particolare rilevanza la collaborazione con con un locale consorzio di apicoltori e con l’Istituto Zooprofilattico di Padova per l’adozione di modelli di produzione che risultino non nocivi per le api e per gli altri insetti pronubi. È, inoltre, interessante segnalare che tra le varietà ammesse alla coltivazione da parte dei soci non è presente la glera.
Credo che il modo migliore di concludere queste righe sia lasciare direttamente la parola all’attuale Presidente del Consorzio, Enzo Guarnieri, che in una breve intervista ci racconta i principali obiettivi e la filosofia di questa promettente realtà che sta riportando nei nostri calici vini ormai dimenticati.
Enzo, il Feltrino vanta una storia importante nella produzione di vini di qualità per lo meno a partire dal Rinascimento: quali sono gli obiettivi che il Consorzio Coste del Feltrino si è dato per aiutare la rinascita della vitivinicoltura del territorio e quali le strade che intende percorrere per raggiungere tali risultati?
Riteniamo che l’area del Feltrino per le sue peculiarità ampelografiche, climatiche, geomorfologiche e storiche abbia tutti i presupposti per poter ottenere il riconoscimento di una denominazione d’origine specifica e quindi di una DOC che la distingua rispetto alla pur valida, ma troppo ampia IGT esistente, ossia quella “Vigneti delle Dolomiti” che ricomprende per intero le tre province dolomitiche di Belluno Trento e Bolzano.
Il Consorzio ha, pertanto, come proprio obiettivo principale proprio quello di accompagnare i produttori in questo percorso, che non è solo un iter di carattere amministrativo, ma soprattutto, per tutti noi, uno sforzo di focalizzazione della nostra identità e di continuo miglioramento qualitativo.
Un secondo obiettivo fondamentale è poi naturalmente quello di costituire un punto di riferimento per tutti gli operatori locali nei rapporti istituzionali e anche un supporto rispetto alle Associazioni di categoria che nella nostra zona solo in questi ultimi anni stanno iniziando ad attrezzarsi in questo settore così complesso e mutevole.
La tutela delle varietà tradizionali e dell’ambiente rappresentano per voi dei valori irrinunciabili: come credi siano percepiti dai consumatori tali principi?
Nella nostra visione la tutela delle varietà tradizionali e quella dell’ambiente vanno di pari passo e ciò in primo luogo per la maggior capacità dei nostri vitigni di adattarsi alle caratteristiche del territorio e di resistere quindi meglio a molte fitopatie con conseguente riduzione del numero e dell’intensità dei trattamenti fitosanitari necessari; in secondo luogo perché la qualità ambientale percepita non è determinata solo da parametri scientifici ma anche dalla possibilità per il consumatore di identificare ed apprezzare, proprio mediante le varietà tradizionali, l’autenticità, la genuinità e la specificità dell’areale viticolo feltrino.
Ciò che il consumatore ricerca nel nostro territorio è riassumibile in tre parole: semplicità, tradizione ed autenticità, che devono però essere naturalmente coniugate a un costante miglioramento di prodotti e servizi in termini di qualità e sostenibilità.
Elenco delle Aziende aderenti al Consorzio Coste del Feltrino
- Azienda Agr. Bivai di Iacopo Avogadro Degli Azzoni (Santa Giustina fraz. Bivai)
- Azienda Agricola Bonan Marco (Fonzaso fraz. Arten)
- Azienda Agricola De Pian Giuseppe (Feltre fraz. Vignui)
- Azienda Agricola Drusian Francesco (Valdobbiadene, ma con vigneto in Feltre fraz. Cart)
- Azienda Agricola Guarnieri Enzo (Feltre fraz. Tomo)
- Azienda Agricola Guiotto Zugni Tauro de Mezzan Massimiliano (Feltre fraz. Grum di Villabruna)
- Azienda Agricola Vieceli di Zucco Beatrice (Fonzaso)
- Fondazione Val di Seren ONLUS (Seren del Grappa località Col dei Bof)
- Soc. agr Altor di Borsa Giuliana & C. ss. (Pedavena fraz. Altor)
- Soc. agr. De Bacco Pietro di De Bacco Marco e C. sas (Seren del Grappa fraz. Rasai)
- Soc. agr. Pian delle Vette ss (Feltre fraz. Pren)
Scrivi un Commento