Sfiora i 10 miliardi di euro il valore complessivo dell’imbottigliato certificato da Valoritalia nel 2021.
Sono state presentate a Roma, nei bellissimi spazi di Villa Aurelia, le edizioni 2022 dell’Annual Report di Valoritalia, con i dati emersi dai processi di certificazione di 218 denominazioni di origine italiane, e dell’Osservatorio Nomisma Wine Monitor – Valoritalia, accurata analisi della percezione delle certificazioni tra le imprese vitivinicole e i consumatori di vino.
Dall’Annual Report di Valoritalia emerge una fotografia del Vigneto Italia che conferma le sensazioni di questi ultimi mesi, soprattutto quella che concerne l’aumento dei volumi commercializzati. Nonostante gli anni difficili, con previsioni talvolta catastrofiche, le vendite crescono in doppia cifra (+ 12%) e non soltanto grazie alle impennate delle vendite online.
“Un bilancio per molti versi sorprendente – ha sottolineato Francesco Liantonio, Presidente Valoritalia – se si tiene conto di quanto è accaduto nell’ultimo triennio. Le nostre Denominazioni di Origine hanno ottenuto una performance straordinaria, registrando una crescita record, frutto della capacità mostrata dalle nostre imprese di cogliere ogni opportunità, coprire ogni spazio, gestire al meglio il proprio potenziale, ottimizzare risorse e relazioni”.
Risultati che infondono ottimismo, non solo tra i player del settore. A fare da locomotiva rimane il nordest, con il Pinot Grigio delle Venezie e il cosiddetto “Sistema Prosecco” (che comprende la DOC Prosecco e le DOCG del Conegliano-Valdobbiadene e dell’Asolo), con una crescita complessiva che nel biennio 2020-2021 ha toccato il 22,7%, per un totale di poco inferiore al miliardo di bottiglie. Ma di tutto rilievo anche le impennate di altre prestigiose denominazioni, come Brunello di Montalcino (+40%), Barolo (+27%), Gavi (+23%), Franciacorta (+12%), Chianti Classico (+11%), Nobile di Montepulciano (+10%).
“Sono veramente moltissimi e interessanti i dati che emergono dal nostro Annual Report – ha commentato il Direttore Generale di Valoritalia Giuseppe Liberatore – una mole di informazioni prodotta da uno staff di 231 collaboratori e 1250 consulenti qualificati, distribuiti praticamente su tutto il territorio nazionale. Una squadra compatta, che quotidianamente passa al setaccio 47 DOCG, 134 DOC, 37 IGT e gestisce circa 5000 tipologie di vino. Oggi certifichiamo quasi 20 milioni di ettolitri, equivalenti al 56% della produzione nazionale di tutte le DO, per un totale di quasi 2,1 miliardi di bottiglie. Nel nostro sistema vengono gestiti i movimenti di 95mila operatori che rappresentano buona parte dell’intero comparto vitivinicolo. Una macchina organizzativa estremamente sofisticata, unica nel suo genere, che costituisce una sorta di benchmark a livello mondiale”.
L’indagine Nomisma di quest’anno ha infine riservato un interessante spazio al confronto tra consumatori italiani e tedeschi. Una scelta non casuale, tenendo conto del fatto che quello teutonico rimane, dopo quello statunitense, il principale mercato di riferimento per i nostri vini, con un valore dell’export che nel 2021 ha raggiunto gli 1,1 miliardi di euro. In Germania le nostre etichette battono quelle francesi nella frequenza di consumo (il 64% dei tedeschi ha bevuto almeno un vino italiano negli ultimi 12 mesi), mentre ci piazziamo alle spalle dei cugini d’oltralpe nel challenge sulla percezione della qualità.
Dall’indagine emerge anche che in entrambi i Paesi a indirizzare le scelte dei consumatori sono elementi come la notorietà del brand, il marchio biologico e la certificazione della sostenibilità, con una spiccata sensibilità nei confronti di metodi di produzione rispettosi delle risorse ambientali, origine e tracciabilità della filiera.
“L’indagine, condotta su un campione di 1000 consumatori italiani e altrettanti tedeschi evidenzia diverse similitudini ma anche approcci decisamente differenti – ha spiegato Denis Pantini, Responsabile Agroalimentare Wine Monitor presso Nomisma – Per esempio, nel consumo casalingo entrambi guardano principalmente all’origine territoriale e alla notorietà del brand. Ma quando si esce di casa e si consuma in un ristorante o in un winebar, le cose cambiano. Per gli italiani sono poche le differenze rispetto al consumo indoor, mentre il consumatore tedesco preferisce lasciarsi guidare dal titolare o dal personale di sala. Gli italiani puntano molto sull’indicazione geografica, i tedeschi maggiormente sul vitigno”.
In crescita l’Italia del Vino: sfiora i 10 miliardi il valore dell’imbottigliato certificato
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