VINI MESSICANI SEMPRE PIÙ ALLA RIBALTA

CE NE PARLA L’AMBASCIATORE GARCIA DE ALBA

Stefano Borelli

Ne sentiremo parlare presto. Il vino messicano, prodotto nell’incantevole paese bagnato dal Pacifico e dai Caraibi e ricco di vestigia di civiltà antiche, sta sempre di più attirando l’attenzione. Cresce sia termini di superfici vitate che di qualità. Lo dicono gli addetti ai lavori e ce lo conferma l’Ambasciatore messicano in Italia Carlos Garcia de Alba, che abbiamo intervistato.

Ambasciatore, quale è lo stato di salute dell’economia messicana e quanto il settore agroalimentare incide sul prodotto interno lordo?
Il Messico come il resto del mondo è stato colpito dal Covid, quindi le cifre che verranno fuori nel 2020 saranno ovviamente al ribasso. Vorrei però sottolineare che l’economia messicana è sana e robusta. Il deficit fiscale è del 2,8 per cento e se fosse un paese dell’Unione Europea saremmo in regola con i parametri. Il debito pubblico è il 46 per cento del Pil, le riserve monetarie sono di circa 149 miliardi di euro, il tasso di inflazione è del 3,5 per cento. L’economia dunque gode di buona salute e il Pil cresce ogni anno del 2 – 2,5 per cento. Per quanto riguarda l’agroalimentare stiamo parlando di un contributo dell’8 per cento del Pil e, considerando che siamo la 15esima economia del mondo, è un contributo importante sia in cifre relative che assolute.

Ci può raccontare quando si è cominciato a bere vino in Messico?
A introdurre l’abitudine a bere vino sono stati senza dubbio gli spagnoli. Ci sono elementi che fanno pensare che i primi siano stati lo stesso Hernán Cortés e i suoi soldati. Tre anni dopo l’arrivo degli spagnoli, nel 1524 c’erano già infatti le prime normative per la coltivazione della vite. Va anche detto che il Messico è stato il primo paese del continente americano nel quale sono arrivati i vitigni europei. Da lì, si sono diffusi verso il nord, in California e verso il sud, in Argentina e in Cile. Poi, nel corso di tutta la storia coloniale si è continuato a produrre vino, le superfici vitate sono state ampliate e nuovi vitigni introdotti. Dopo l’Indipendenza del Paese nel 1821 c’è stato un rallentamento, ma negli ultimi 40 anni la ripresa è stata forte edoggi sono coltivati a vite circa 700 mila ettari. [ihc-hide-content ihc_mb_type=”block” ihc_mb_who=”unreg” ihc_mb_template=”3″ ]

Hanno contributo anche i missionari cattolici?
Certo il loro contributo alla diffusione della vite è stato essenziale. Soprattutto, gli agostiniani, i francescani, e i gesuiti tra cui alcuni italiani. Padre Kino ad esempio, un missionario che veniva da Trento ha portato la vite nello stato di Sonora, in Baja California e nell’Alta California, che fino al 1848 apparteneva al Messico.

Ha già citato alcune zone, quali sono quelle più vocate?
Il 90 per cento del vino messicano è prodotto in Baja California. Qui le zone più vocate sono quelle che sviluppano attorno alla città di Ensenada. Tra queste le più famose sono la valle di Guadalupe, la valle di Santo Tomas, la valle San Vicente, la valle Ojos Negros. Va anche detto che il Messico è una federazione composta da 32 stati, tra cui Città del Messico e almeno 10 di questi producono vino. Ci sono realtà vitivinicole importanti anche nello stato di Coahuila, nel centro nord del Messico, Zacatecas, Aguascalientes, Sonora, Guanajuato.

I vitigni più diffusi quali sono?
I messicani preferiscono di gran lunga il vino rosso e il Cabernet Sauvignon è il vitigno più bevuto: da solo rappresenta il 22 per cento dei consumi. Poi, in ordine tra i vitigni rossi più utilizzati per produrre vino ci sono: lo Shiraz, il Merlot, il Carignan, il Tempranillo. Tra i bianchi il più consumato è lo Chenin Blanc con il 18 per cento, lo Chardonnay, il Saint-Emilion, il Sauvignon Blanc. Tra i vitigni italiani va citata la presenza di coltivazioni di Nebbiolo.

Stanno cambiando anche le abitudini dei consumatori messicani?
Il consumo di vino sta crescendo: oggi si beve in media un litro a persona all’anno, su un totale di 130 milioni di abitanti. Non sono numeri elevatissimi rispetto al consumo medio di un italiano o di un francese, ma rispetto a 40 anni fa sono stati fatti grandi passi. I principali centri di consumo sono le grandi città come Città del Messico, Guadalajara, Monterrey, Cancun, anche se si comincia a bere vino in molte altre zone del Messico. Il dato interessante è che le nuove generazioni iniziano ad indirizzarsi verso il vino e aumenta il consumo tra le donne.

Ci sono vini messicani che cominciano ad avere un posto di rilievo nel panorama internazionale?
In Messico si consuma il 70% di vino importato e un 30% di vino locale. Alcune delle aziende messicane sono sempre più conosciute ed esportano in molti paesi del mondo. Le più importanti si trovano in Baja California: la Monte Xanic, è tra le più prestigiose. Poi c’è l’azienda Cetto una famiglia originaria di Trento; Domecq un’azienda di origine spagnola, Bodega Santo Tomas, El Cielo. Nella zona centrale nello stato di Queretaro vengono prodotti ottimi spumanti. Consiglio agli italiani di assaggiare vino messicano. Ci sono sapori decisamente interessanti, prodotti di grande qualità, sempre più ecosostenibili e realizzati con grande attenzione per l’ambiente.

Il Messico in effetti ha con l’Italia del vino un legame particolare?
Si, non molti sanno, e ci tengo a dirlo, che il 70% dell’irrigazione dei territori del Prosecco è realizzata dall’azienda Netafim, un’azienda messicana che ha sede a Genova e irriga il 70% delle coltivazioni. Ogni volta che un italiano beve un bicchiere di Prosecco deve quindi ringraziare (sette volte su dieci) quest’azienda messicana che vanta una tecnologia molto avanzata. [/ihc-hide-content]