Enrico Zamboni
Le persone che hanno adottato una dieta vegana contano oggi circa il 2,2% della popolazione in Italia: un numero in continuo aumento con un trend di crescita costante. Basti pensare che nel 2018 il numero di individui che avevano deciso di sposare questa filosofia di vita era l’1,9%, più che raddoppiato rispetto al 2017, quando la percentuale era dello 0,9%. La scelta di essere vegani non è legata alla semplice selezione di cosa mangiare o non mangiare. Essere vegani è una vera e propria scelta etica che riguarda la vita di una persona a 360 gradi. Non a caso, sono stati necessari anni di lavoro affinché sette tra le più importanti Organizzazioni vegan europee, giungessero ad una definizione univoca: “Il termine “vegano” non indica solo l’assenza di derivati animali in un dato prodotto ma chiarisce la presenza di requisiti etici minimi”.
L’aumento della popolazione che segue un’alimentazione plant-based si ripercuote inevitabilmente sui consumi di prodotti adatti a tale dieta. Ma la notizia interessante è che il trend di crescita delle vendite Veg è maggiore di quello delle persone che hanno sposato tale filosofia e ciò fa dedurre che il consumo di prodotti adatti al mondo vegano sia trasversale ed interessi varie tipologie di consumatori, che vedono nella certificazione Veg una garanzia di cibi sani, di qualità, di controllo e di sicurezza alimentare.
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Ma perché tutto ciò interessa anche il mondo del vino?
Il Reg. (CE) n. 491/2009 definisce il vino come “il prodotto ottenuto esclusivamente dalla fermentazione alcolica totale o parziale di uve fresche, pigiate o no, o di mosti di uve”. Come può un prodotto così ottenuto, essere di ostacolo in una dieta vegana? In realtà tutto è legato ai prodotti di origine animale che possono essere utilizzati nel trattamento del vino: gelatine animali, colla di pesce, caseinati ed albumina.
Le gelatine animali hanno proprietà detannizzanti e sono tanto più efficaci quanto più sono idrolizzate. La colla di pesce è un grande chiarificante e trova solitamente impiego nei vini bianchi, ai quali conferisce brillantezza. Nei vini rossi, invece, può contribuire alla riduzione dei tannini più astringenti. Lo stesso dicasi per la caseina o, per essere più precisi, il caseinato di potassio, il cui uso è legato alla sua capacità di legarsi ai tannini ossidati e ossidabili e flocculare, così da “pulire” il colore.
L’albumina viene utilizzata per l’ammorbidimento dei vini ricchi in tannini, generalmente impiegata per i grandi vini rossi. L’utilizzo di questi prodotti nel trattamento dei vini non implica necessariamente che ne troveremo tracce nei vini stessi, ma non si può escludere a priori. Qualora accadesse, essendo alcuni di questi considerati allergeni, andrebbe dichiarata in etichetta la presenza di eventuali residui. Quindi, ricapitolando, i prodotti di origine animale utilizzati nel trattamento e nella chiarificazione del vino non lasciano residui. Tuttavia, nel caso in cui le analisi del vino evidenziassero la presenza di residui di tali prodotti, andrebbero indicati in etichetta.
E allora dove sta il problema per chi ha adottato una dieta vegana? Non è sufficiente verificare che l’etichetta riporti l’indicazione circa la presenza di derivati del latte e/o delle uova? Semplice, l’utilizzo di prodotti di origine animale non solo non è ammesso nella produzione degli alimenti, ma neanche per il loro trattamento (vedi punto 1. dei requisiti etici). Da qui nasce l’esigenza di “certificare” che un vino non sia stato trattato con ovoalbumina o altri prodotti riconducibili al mondo animale. Tuttavia, ad oggi, non esiste una normativa di riferimento sul mondo Veg e tutto è legato ai disciplinari utilizzati dalle numerose associazioni presenti che molte volte prevedono una semplice autodichiarazione del produttore o, nel migliore dei casi, certificazioni rese da enti terzi abilitati.
Pertanto, la presenza in etichetta di uno dei marchi che indicano che il vino è adatto ad un’alimentazione vegana, indica che le operazioni di stabilizzazione e chiarifica sono avvenute senza i prodotti di origine animale sopra descritti. Ciò non implica necessariamente che il vino sia instabile e vada consumato in breve tempo, perché esistono alternative vegetali che possono essere utilizzate – come le proteine di pisello, di patata o di frumento. Ed infine una curiosità sull’etichetta: questa non deve riportare indicazioni che facciano riferimento ad abbinamenti con piatti di origine animale.
I requisiti etici dei prodotti vegani:
1. L’alimento non deve contenere ingredienti di origine animale (inclusi additivi alimentari, aromi, enzimi); né prodotti di origine animale possono essere utilizzati (o aggiunti) durante il processo di fabbricazione, preparazione, trattamento o immissione sul mercato;
2. Durante la produzione, preparazione, trattamento o immissione sul mercato, è ammessa la contaminazione crociata involontaria con prodotti non conformi. Si tratta di una condizione compatibile con l’etichettatura vegan del prodotto;
3. L’operatore sotto il cui nome o ragione sociale è commercializzato l’alimento non deve condurre né commissionare pratiche di vivisezione o test su animali né per quanto riguarda il prodotto né per ciò che concerne i singoli ingredienti o i coadiuvanti utilizzati. L’affermazione che un alimento è “adatto ai vegani” implica che, per quanto possibile e praticabile, gli animali non sono stati coinvolti in nessuna fase della preparazione.
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