LE DENOMINAZIONI DI ORIGINE INTERREGIONALI:

UNA RISORSA CUI ATTINGERE PER REALIZZARE NUOVI PERCORSI ALLA SCOPERTA DEL TERRITORIO ITALIANO E DEL SUO PATRIMONIO ENOLOGICO

Mariella Dubbini

Ce lo racconta il professor Giovanni Viganò, docente dell’Università Bocconi di Sviluppo e Gestione del Territorio.

Il Sommelier Magazine LE DENOMINAZIONI DI ORIGINE INTERREGIONALI:

“Mi indichi alcune DO Interregionali” è una classica domanda posta all’aspirante sommelier in occasione dell’esame finale. Un argomento poco noto anche tra gli “addetti al settore”. Come fare per diffonderne la conoscenza?
Una Denominazione di Origine esiste perché un gruppo di produttori ne ha richiesto l’approvazione. Ci dobbiamo chiedere perché i produttori abbiano voluto questo riconoscimento. Sicuramente si attendevano dei vantaggi, magari non prioritariamente economici, ma sicuramente di immagine e quindi economici di ritorno. Ma, una volta ottenuto il disciplinare di produzione, occorre definire un progetto che porti alla sua valorizzazione; elaborare un piano strategico fissando gli obiettivi, analizzare le componenti dell’offerta e le reti relazionali che uniscono gli attori principali – enti pubblici, produttori, ristoratori, comunità locale – e metterle a confronto con le richieste della domanda turistica, oltre che determinare i costi necessari per ottenere i risultati prefissati.

Che presa ha sul consumatore l’immagine di una DOC interregionale, qual è l’effettiva quota di consumo che potrebbe essere interessata?
Secondo me occorre indirizzarsi sulla quota di turisti legati ai territori coinvolti. Al fondo ci deve essere un interesse concreto di promozione e valorizzazione del territorio se non vogliamo che queste denominazioni restino sulla carta e vengano abbandonate anche dagli stessi produttori. Partendo dall’assunto “volontà” di promuovere, occorre decidere che cosa valorizzare di una regione e cosa dell’altra. Quali sono i punti di vantaggio per entrambe non soltanto in termini quantitativi ma anche, e soprattutto, di complementarietà. È importante che le regioni coinvolte abbandonino l’antagonismo e comprendano il valore di essere complementari. Lo stesso vale per i produttori, che non devono rivaleggiare tra di loro e pretendere dall’ente pubblico senza dare nulla in cambio. Le denominazioni interregionali vanno declinate nella realtà: prima che interregionali sono interprovinciali, partiamo dunque da accordi tra le province confinanti che poi si muoveranno nei confronti delle rispettive regioni. Promuoviamo il turismo interregionale partendo dalle province, con la finalità di valorizzare il territorio attraverso i suoi molteplici punti di forza: storici, culturali, naturalistico-paesaggistici, enogastronomici.

Come programmare un percorso turistico, a valenza enogastronomica, per valorizzare questo caso particolare?
In primo luogo focalizzare cosa fare, quale strategia adottare, per valorizzare le identità del territorio nei suoi aspetti più appetibili. Individuare i prodotti “trainanti” che possano rispondere alla domanda: “Perché il turista deve venire qui?” Potrebbe essere un prodotto tipico che funge da catalizzatore o un’area a valenza enogastronomica, il paesaggio naturalistico e la qualità ambientale, la storia e i monumenti artistici presenti sul territorio.
In secondo luogo definire come fare, attraverso quali mezzi, strumenti, azioni, in una prospettiva di medio/lungo periodo. Infine, last but not least, specificare con chi fare, ovvero chi c’è sul territorio disponibile a sostenere il progetto. Non si può programmare ciò che altri devono fare! [ihc-hide-content ihc_mb_type=”block” ihc_mb_who=”unreg” ihc_mb_template=”3″ ]

Si potrebbe ipotizzare una Strada del vino e dei Sapori? Lei ha collaborato alla realizzazione di alcuni di questi Enti. Stanno funzionando?
Attualmente la situazione è “a macchia di leopardo”, alcune Strade sono rimaste sulla carta. Per funzionare bene è necessario che l’ente pubblico avvalori e promuova adeguatamente l’attrattività del territorio di riferimento e che i soggetti privati cooperino per il conseguimento degli obiettivi. Tra i casi di ottima riuscita potrei citare l’Ente Turismo Langhe Monferrato e Roero e la Strada del Prosciutto e dei Vini dei Colli di Parma. Sono le persone, la loro energia e volontà le chiavi strategiche della vittoria.

Qual è secondo lei il punto chiave che determina la riuscita del progetto e del percorso?
Il concetto chiave determinante è la cooperazione; gli americani hanno coniato il termine coo-petition, che significa competizione nella cooperazione, gareggiare insieme con spirito collaborativo e solidale.
Non dobbiamo tuttavia trascurare l’aspetto economico: è vero che in un sistema di cooperazione ciascuno ricaverà un profitto, ma è matematicamente dimostrato che è impossibile che tutti ci guadagnino alla stessa misura. Eliminiamo la favola della quota uguale per tutti; vanno individuati dei parametri, da verificare anno per anno, per determinare costi proporzionali ai reali vantaggi conseguiti.
Sarà un’articolata operazione di management e marketing territoriale unita alla coesione sociale della collettività a determinare il successo.

[su_box title=”Chi è Giovanni Viganò?” style=”noise” box_color=”#5e0230″ title_color=”#fff”] È docente nell’area di Sviluppo e Gestione del Territorio, al Master di Economia del Turismo (MET) dell’Università Bocconi, oltre che a corsi della SDA Bocconi sui temi del “Turismo enogastronomico”. Tra le sue pubblicazioni: Turisti per gusto. Enogastronomia, territorio, sostenibilità, pubblicato da De Agostini; Osservatorio Internazionale sul turismo enogastronomico, edito da F. Angeli; I Presidi Slow Food in Italia: una analisi economica, Il Sole24Ore. Relatore sul tema in numerosi convegni sia in Italia che all’estero. Docente in corsi per operatori del turismo enogastronomico in molte regioni italiane. Innamorato dei valori enogastronomici dei più disparati angoli d’Italia e debitore di forti emozioni a molti operatori del settore, spesso sconosciuti. [/su_box] [/ihc-hide-content]